indice del numero 4

 

 

 

 

Nota introduttiva

 

Jean Baudrillard, Quando si toglie tutto, non resta niente.

Mario Costa, Duchamp e il «resto»


Due brevi saggi del 1978. Due saggi che parlano del resto da punti di vista distanti, in particolare nelle conclusioni. Eppure c’è qualcosa che accomuna in maniera evidente i due testi. E non è certamente il fatto che furono pubblicati nello stesso numero della allora famosa rivista Traverses, all’interno del numero 11 tematicamente dedicato a Le reste. Ciò che accomuna i due testi – ed è il motivo per il quale li ri-proponiamo “insieme” in questo numero di Kainos dedicato ai “Rifiuti” – è che in entrambi, intorno alla nozione di resto, si gioca un’esplicita opzione politica. In entrambi la nozione di “resto” è declinata in chiave politica radicale.

Baudrillard, interpretando il resto come un prodotto dell’economia (ristretta) capitalistica, propone la sua strategia della dissoluzione dei resti, delle riserve (economiche e di senso), di ogni tipologia di accumulo attraverso l’idea di scambio simbolico generalizzato (proposta nella sua globalità nel famoso saggio del 1976, Lo scambio simbolico e la morte). Costa, invece, concependo il resto come ciò che “squadra” i conti, come ciò che continua a “non tornare” e ad eccedere i tentativi di dominio tecnico sul mondo, inteso proprio – qui attraverso Marcel Duchamp – come processo di eliminazione (e pareggiamento) dei resti, propone una “dilatazione del resto” che ponga “fine all’operazione”; propone una strategia in cui “la potenza unita di ciò che resta” riesca a dissolvere ogni “totalizzazione” e ogni “riduzione ad uno” socialmente, economicamente e politicamente perseguita.


Baudrillard concepisce, quindi, il resto come una sacca di valore prodotta dal meccanismo dell’accumulazione (economica) e da quello, ad esso ritenuto simmetrico, della rimozione (psichica). Per tale ragione può sostenere che il resto, come riserva di senso e di valore, non sfugge alla logica che lo ha prodotto e che nessun “ritorno del rimosso” può essere inteso come liberatorio. Bisogna, quindi, dissolvere i resti attraverso lo scambio simbolico generalizzato che consumi ogni valore, ogni riserva di senso, ogni accumulo di energia. Dissipazione economica e simbolica, dispendio e dono totali, senza residui.

La prospettiva messa in campo da Costa, benché solo accennata, è un’altra. Dal momento che il “resto” è concepito come differenza inassimilabile alla logica della produzione e del dominio dell’intelletto astratto, quasi una sorta di “singolarità” in-equivalente ed irriducibile – per utilizzare, forzando un po’ l’interpretazione, delle espressioni/concetti del dibattito filosofico odierno – ciò che si propone è una sorta di “insurrezione” delle differenze e dei resti (e anche qui forziamo un po’ la lettera del testo).

Letti alla luce dei cambiamenti di prospettiva teorica che i due autori hanno poi sviluppato nelle loro successive opere, i due testi non mancano di mostrare il loro essere testi di “transito”, vale a dire testi in cui la tesi teorica principale è supportata da alcune argomentazioni che tendenzialmente la oltrepassano. Questo è il caso, nell’articolo di Baudrillard, della ambivalente vicinanza tra la strategia del consumo generalizzato dei resti con quella, opposta, dell’accumulo e della rimozione massimi, strategia quest’ultima che deborda l’impianto della teoria dello scambio simbolico e che anticipa – nelle sue conseguenze – le posizioni “vitalistiche” e “catastrofiste” della sua successiva produzione (vedasi, ad es. Il delitto perfetto, del 1995). Ma è anche il caso di Costa, in cui la valutazione della strategia duchampiana di eliminazione del resto (nel ready made) è svolta con accenti che fanno presagire la successiva messa in questione del rapporto costitutivo arte-tecnica.


Due testi del 1978, allora. Due testi che hanno molte cose in comune, divergendo su tutto il resto.

V.C.

 

 

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