Jacques
DERRIDA, Anne DUFOURMANTELLE, Sull’ospitalità. Le riflessioni
di uno dei massimi filosofi contemporanei sulle società multietniche,
trad. it. di Idolina Landolfi, Milano, Baldini&Castoldi, 2000 (Le
isole, 19), 132 p., ISBN 88-8089-633-4, € 9,30;
De l’hospitalité, Paris, Calmann-Lévy, 1997 (Petite
bibliothèque des idées), 139 p., ISBN 2-7021-2795-9,
80 F
Come ricorda anche nel suo libro di
Addio a Emmanuel Levinas, per Jacques Derrida l’ospitalità
non è semplicemente una regione dell’etica, un suo capitolo delimitato
e circoscritto, un suo modo o maniera (anche nel senso delle ‘buone
maniere’), ma l’etica stessa, il suo principio – se è vero che
ethos rimanda appunto all’abito, all’abituale, all’abitudine,
e quindi anche all’abitare – ed anzi la sua interezza: accogliere l’altro
che viene, farsi abitare dall’altro custodendolo e rispondendone, persino
nella sua eccentricità e stravaganza, è, a ben vedere,
non solo l’imperativo di un’etica da riformulare nel confronto con il
problema dell’alterità, ma anche l’ethos stesso della
decostruzione, il luogo ospitale che si offre alla venuta di un’alterità
destrutturante che irrompe nell’evento incondizionato e magari fatale
dell’altro. Nel piccolo libro che riporta due sue lezioni ("Questione
dello straniero: venuto da fuori", del 10 gennaio 1996, pp. 39-81;
11-69 e "Passo d’ospitalità", del 17 gennaio 1996,
pp. 83-132; 71-137) si raccolgono insieme sia i tratti di un ripensamento
radicale dell’etica, sia le linee che esaltano le potenzialità
etico-politiche della decostruzione: quale risposta alla venuta dell’altro?
La questione dell’altro è davvero semplicemente un problema,
o è anche e soprattutto una domanda che l’altro rappresenta esso
stesso e che mi pone, rimettendomi in questione?
Nella prima lezione il riferimento
è innanzitutto alla tradizione antica, anche se si arrivano a
considerare perfino le più recenti versioni dei delitti informatici
e le più sofisticate variazioni nella violazione della privacy.
In molti dialoghi di Platone è spesso lo straniero a fare domande:
nel Sofista solleva la questione più ardita, "parricida"
(40; 13), "temibile", "rivoluzionaria" (41; 13),
"eversiva" (44; 17), contestando il dogmatismo del logos
paterno nel dire l’alterità del non essere, mettendo così
sottosopra la tranquilla routine della tradizione. Anche ne Il politico
è uno straniero a formulare la domanda "temibile" e
"intollerabile" (44; 17) del politico e della politica, dell’uomo
stesso come essere politico. Talvolta è Socrate stesso a diventare
straniero precisamente per il suo essere "l’uomo sconcertante della
domanda" (45; 19): nell’Apologia, quando è in gioco
la sua stessa vita, egli parla la lingua del pensiero, non quella della
retorica tribunalesca, né quella della sottigliezza sofistica
e, paradossalmente, lui che è cittadino a tutti gli effetti,
chiede di essere ospitato come se fosse uno straniero, che Atene dia
spazio all’alterità della filosofia. Nel Critone Socrate,
che immagina di comportarsi come uno straniero, abbandonando la città
dopo essere evaso dal carcere, deve fare poi i conti con le Leggi della
città, che gli rimproverano la sua sfida alla loro maestà.
Sempre è in gioco un doppio
rimando: alla questione somma (dell’essere, della giustizia, dell’altro)
e al problema politico (delle leggi, delle regole, delle norme). In
fondo il paradosso dell’ospitalità allo straniero, quale che
sia, è tutto in questo doppio legame, nel doppio orientamento
alla giustizia e al diritto, spesso in possibile conflitto tra di loro,
sulla base dei quali si potrà o dovrà poi più o
meno distinguere tra l’ospite legittimo e illegittimo, parassita o clandestino:
"La legge dell’ospitalità,
la legge formale sottesa al concetto generale di ospitalità,
appare come una legge paradossale, snaturabile o snaturante. Sembra
suggerire che l’ospitalità assoluta rompe con la legge dell’ospitalità
come diritto o dovere, con il ‘patto’ d’ospitalità. In altre
parole, l’ospitalità assoluta esige che io apra la mia dimora
e che la offra non soltanto allo straniero (provvisto di un cognome,
di uno statuto sociale di straniero eccetera), ma all’altro assoluto,
sconosciuto, anonimo, e che gli dia luogo, che lo lasci venire,
che lo lasci arrivare e aver luogo nel luogo che gli offro, senza chiedergli
né reciprocità (l’entrata in un patto) e neppure il suo
nome. La legge dell’ospitalità assoluta impone di rompere con
l’ospitalità di diritto, con la legge o la giustizia come diritto.
L’ospitalità giusta rompe con l’ospitalità di diritto;
non che la condanni o vi si opponga, può anzi metterla e tenerla
in un moto incessante di progresso; ma è tanto stranamente diversa
dall’altra, quanto la giustizia è diversa dal diritto al quale
tuttavia è così vicina, e in verità inscindibile"
(52-53; 29).
Già anticipato nella prima lezione
(58-63; 37-43), l’Edipo che viene a morire in terra straniera, figura
per antonomasia dello straniero ed altra grande rappresentazione antica
del fuorilegge, empio, parricida, cieco e veggente insieme, è
al centro della seconda seduta di seminario, inquietante già
nel titolo contraddittorio: "Pas d’ospitalité": ‘passo
d’ospitalità’ nel luogo ospitale possibile e insieme ‘nessuna
ospitalità’, divieto del gesto ospitale, ospitalità impossibile
ed interdetta. Edipo straniero nella morte a Colono, clandestino nella
sepoltura criptica, inaccessibile persino al lutto di chi lo ama, diventa
in realtà il garante della pace e della salvezza di Atene; Teseo
che gli accorda l’ospitalità ultima è l’ostaggio di un
defunto che gli consegna peraltro un segreto di salvezza. È ancora
l’antinomia tra l’ospitalità condizionata (da regolamentazioni
ed interessi) e l’ospitalità incondizionata:
"Ci braccherà senza posa
questo dilemma tra, da un lato, l’ospitalità incondizionata che
va al di là del diritto, del dovere o addirittura della politica,
dall’altro, l’ospitalità circoscritta dal diritto e dal dovere.
L’una può sempre corrompere l’altra, e questa possibilità
di snaturamento è irriducibile. E deve restarlo. […] Ci
troveremo sempre a dibatterci tra queste due accezioni del concetto
di ospitalità nonché di linguaggio. Torneremo anche sui
due regimi d’una legge dell’ospitalità: l’incondizionata o l’iperbolica
da una parte, e la condizionata e la giuridico-politica, cioè
l’etica dall’altra parte – l’etica in realtà si trova a metà
tra le due, a seconda che si occupi di regolamentare il rispetto e il
dono assoluti, oppure lo scambio, la proporzione, la norma eccetera"
(119-120; 119-121).
Se il riferimento è spesso anche
al retaggio della tradizione filosofica, religiosa e letteraria (per
esempio gli articoli kantiani di Per la pace perpetua, alcuni
episodi biblici dal Vecchio Testamento, oppure stralci da Le
leggi dell’ospitalità di Klossowski) il problema è
sempre anche indagato attraverso le sfide dell’attualità politica,
per esempio le leggi sull’immigrazione. Non si tratta infatti solo di
una disputa filosofica, ma di un interrogativo per il presente di straordinaria
attualità:
"Tra una legge incondizionata
o un desiderio assoluto di ospitalità da una parte e, dall’altra,
un diritto, una politica, un’etica condizionati, c’è distinzione,
eterogeneità radicale, ma anche indissolubilità. L’una
richiama, implica o prescrive l’altra. Dando per buona l’ospitalità
incondizionata, come dar luogo a un diritto, a un diritto determinato,
limitato e delimitabile, in una parola calcolabile? Come dar luogo a
una politica e un’etica concrete, che comportino una storia, delle evoluzioni,
delle rivoluzioni effettive, dei progressi, insomma una perfettibilità?"
(127; 131).
L’"Invito" di Anne Dufourmantelle,
che nell’edizione italiana diventa una prefazione e in quella originale
francese accompagna come un bordone l’intero testo sulle pagine pari
a sinistra (7-38; 10-136) sottolinea nel ‘dove?’ la domanda tipica di
un uomo in cammino, che svela come essenziale il rapporto con il luogo
e il non-luogo, con la dimora e l’erranza senza tetto, insomma l’utopia
dello spazio aperto che inaugura la parola filosofica a partire dal
luogo dell’altro, dall’esilio necessario del ‘sé come un altro’.
Gabriella Baptist
Indice:
Anne Dufourmantelle, Invito
Jacques Derrida, Questione
dello straniero venuto da fuori
Jacques Derrida, Passo
d’ospitalità