Editoriale
Kainós è un progetto di
rivista filosofica che si concretizza nel web, in quanto possibilità
e modalità di esplorazione della stratificazione della scrittura
e della ricerca filosofica, sia nella direzione del passato che in quella
del futuro. Il termine kainós ha a che fare con la dimensione
del tempo. Esso indica ciò che è inatteso, là da
venire, inconsueto, ma anche ciò che si credeva passato una volta
per tutte e che ritorna. Indica quindi un chiasmo, una zona di intersezione
tra più dimensioni temporali. Per questo Kainós si sviluppa
in ogni numero ritornando su frammenti della ricerca filosofica del
Novecento, inediti o da tempo tralasciati, non al fine di una loro nuova
collocazione storiografica, ma ripensandone la valenza teorica, sia
in termini retrospettivi sia prospettici. Abbiamo, quindi, denominato
la sezione che raccoglie tali segni della costruzione della ragione
filosofica novecentesca "disvelamenti".
Alla confluenza con il passato sedimentato ed il futuro a venire vi
è l'attualità, quella di un pensiero che agisce e produce
nuovi movimenti in molteplici direzioni. La scelta è stata, quindi,
quella di inserire testi inediti che appartengono al dibattito attuale
in una sezione intitolata "emergenze".
La relazione tra le due sezioni permetterà la creazione di una
circolarità che produrrà campi di significati ricchi di
potenzialità.
La sezione "ricerche" è il conseguente sviluppo
delle tematiche e delle problematiche emerse nelle due sezioni precedenti.
Ogni testo nasce come proseguimento, riapertura, nuova problematizzazione,
con l'intento di produrre pratiche filosofiche tese ad indicare dei
territori in cui lo scarto tra il presente ed il passato situa già
la possibilità di nuovi concetti.
La sezione "forum" è uno spazio aperto alle
pratiche discorsive, in cui il confronto di più voci traccia
le linee di una ricerca in fieri.
Le sezioni "percorsi bibliografici" e "recensioni"
offrono strumenti molteplici d'approfondimento delle tematiche di volta
in volta affrontate, ora analizzando un singolo testo, ora mettendo
a confronto o concatenando testi diversi.
Il carattere di apertura della rivista non vuole produrre una proliferazione
di discorsi privi di prospettiva e progettualità comune; significa
solo che essa non intende sposare nessuna "scuola di pensiero"
ma neanche escluderne pregiudizialmente alcuna. Quella di Kainós
è una scelta "problematica", che consiste nel partire
dall'attualità (e dall'urgenza) di "problemi" che siano
innanzi tutto questioni e domande dell'esistere contemporaneo su cui
esercitare il lavoro di chiarificazione filosofica. La filosofia, infatti,
dipende sempre più dal numero delle questioni urgenti che tormentano
questo nostro mondo e dal numero dei discorsi che pretendono di porsi
come 'saperi'.
Il collegamento tra l'urgenza "vitale" del dibattito teorico
con le "tradizioni" filosofiche del Novecento è la
cifra, il senso, la possibilità del progetto Kainós
La filosofia del'900, nelle sue molteplici tradizioni, ha portato a
compimento la pretesa fondatrice della ragione occidentale, spingendola
da un lato sull'orlo della sua dissoluzione e, dall'altro, sporgendola
sull'oltre (dal Soggetto, dal Fine, e dal Principio).
Tuttavia la crisi del modello universale di ragione che, in questo passaggio
di secolo sembra epocale ed irreversibile, non deve e non può
significare la liquidazione della filosofia dopo la Filosofia.
L'obiettivo di Kainós è rivolto alla pratica di un pensiero
che esprima aperture storiche dense di innovazione e che, rifiutando
l'idea di fine della storia, e allo stesso tempo ogni difesa a priori
della "tradizione", assuma la plurivocità e la discontinuità
in termini costruttivi, generativi e non semplicemente destrutturanti.
Ogni numero della rivista prende le mosse da un tema, arricchendosi
di volta in volta di nuovi contributi. La sua pubblicazione in rete,
infatti, permette ad esso di "prendere corpo" gradualmente,
di non essere immediatamente (e "tipograficamente") "chiuso".
Il tema del secondo numero è
L'esperienza dell'altro.
La scelta nasce dall'urgenza, per la nostra rivista, di guardare e fermarsi
dentro gli scenari dell'alterità, di un'alterità non metafisica,
concepita non solo come l'altro da me, che mi sta di fronte,
ma anche come l'altro di me, che è parte costitutiva della
mia identità, che chiama la mia radicale incompiutezza.
Tema arduo quello dell'alterità, sia per le implicazioni politico-filosofiche
che evoca, sia per le questioni drammatiche che solleva nel mondo "globalizzato".
Tracce dell'altro sono disseminate, come è noto, nella grande
filosofia novecentesca (Simmel, Husserl, Heidegger, Sartre, Stein, Adorno,
Levinas, Buber, Gadamer, Merleau Ponty, Ricoeur), che ne ha indagato
lo spessore problematico, e ne ha fatto spesso motivo di impegno etico
dinanzi agli eventi tragici del secolo breve.
Che il dibattito filosofico attuale continui ad insistere sulla prospettiva
dell'alterità (Derrida, Waldenfels, Dussel, Apel, Habermas, Nancy,
Cacciari, Agamben) è evento decisivo e cruciale anche per fronteggiare
le sfide di un mondo multietnico e multirazziale.
Oggi, nella società della comunicazione globale, ma anche dell'uni-informazione,
nella società dell'omologazione ma anche dell'indifferenza,
lo straniero, "l'ospite che forse resterà",
sembrerebbe scomparso in nome di un'universale inclusione, ma non è
così.
Gli in-visibili stranieri, precipitati nel "limbo di non persone",
che attraversano le strade delle nostre metropoli, così come
gli sfruttati delle periferie del pianeta, ricordano, a chi riesce a
dar loro uno sguardo, l'irriducibilità dell'altro (e dei
suoi problemi) ai nostri (occidentali) punti di vista. Tale invisibilità
dell'altro è, infatti, anche quella del suo sguardo, del
suo modo (per noi) straniante, forse non sempre accettabile, ma in ogni
caso stimolante, di guardarci, mettendo in discussione le nostre illuministiche
certezze. Le divisioni, i conflitti tra i popoli e tra le culture nascono
anche dalla rimozione, devastante nelle conseguenze, di questo sguardo
degli altri.
Sembrano, pertanto, necessarie ulteriori approssimazioni (per
dirla con Franco Cassano) e ulteriori esercizi d'esperienza dell'altro.
Il numero è così strutturato:
la sezione Disvelamenti ospita un ampio brano dai Résumé
de cours 1949-1952 di Merleau-Ponty alla Sorbonne sul tema dell'esperienza
dell'altro (a cura di Aldo Pardi), e la Lettera sulle deportazioni
di Antonin Artaud (a cura di Marco Dotti); nella sezione Emergenze
sono ospitati invece un saggio sulla "fenomenologia dello straniero"
di B.Waldenfels (a cura di Gabriella Baptist) e un saggio di E.Dussel
tratto da un suo recente lavoro sulla "pedagogia della liberazione"
(a cura di Tonino Infranca) Sono previsti, inoltre, saggi nella sezione
Ricerche, nonché recensioni di libri e/o di siti nelle
sezioni Percorsi bibliografici e Recensioni.
La redazione