Angela Ales
Bello (a cura di), Le figure dell'altro,
Cantalupa (Torino), Effatà, 2001, 336 p., ISBN 88-86617-91-7,
20,70
Risultato
di un progetto di ricerca su "Le politiche della differenza"
promosso dal CNR ed animato in particolare da docenti romane che fanno
capo all’Università di Roma Tre, oltre che ad università
di indirizzo teologico, questo volume collettivo, scritto e pensato
da donne sul problema della differenza, problematizza soprattutto quel
pensare l’altro che è stato un filo conduttore di tutto rilievo
nel pensiero del Novecento e che ha visto protagonisti in particolare
filosofi di tradizione fenomenologica.
Inizia
la sequenza dei saggi un articolo di Angela Ales Bello (pp. 8-26) che
giustamente rimanda innanzitutto a Husserl – in particolare alla sua
indagine sulla costituzione dell’altro – oltre che ad Edith Stein, soprattutto
per la sua tematizzazione dell’empatia. Il realtà il problema
è quello di tentare un’archeologia fenomenologica dell’esperienza
religiosa anche in vista dei nuovi compiti di accoglienza e comprensione
del diverso che impone il dialogo interreligioso. Francesca Brezzi propone
una filosofia dell’altro a partire da Levinas (pp. 27-67): contro il
logos totalitario dell’ontologia si profila un’etica della differenza,
all’interno della quale il linguaggio del desiderio e la vulnerabilità
del volto esprimono enigmaticamente quella traccia dell’altro non integrabile
in nessun modo, ma donatrice di senso. Daniella Iannotta riflette quindi
sul problema dell’identità in Ricśur (pp. 68-107) e sulla coincidenza
di alterità ed ipseità in quel sé che si
scopre come un altro, pensiero incarnato, ma fragile, che nella
promessa e nell’impegno etico si attesta peraltro come il ‘chi’ della
responsabilità.
Patrizia
Cipolletta apre la sezione dedicata al pensiero della differenza ripercorrendo
con Heidegger il cammino teorico che va da Essere e tempo agli
scritti degli anni Cinquanta sul problema del linguaggio (pp. 110-174).
Se il primo Heidegger si concentra soprattutto sulla differenza tra
l’essere e l’esserci, sul filo del tempo, o tra l’essere e l’ente, dopo
la cosiddetta svolta è piuttosto l’Ereignis in primo piano,
ossia l’evento della differenza stessa, che l’opera d’arte mostra e
di cui vive la parola poetica. Chiara Di Marco pensa la differenza piuttosto
con Deleuze (pp. 175-224), mostrandone la declinazione nelle esperienze
della molteplicità che affermano nietzscheanamente la vita, riattivando
il pensiero. La ripetizione della piega, la dinamica delle divergenze
e disgiunzioni, così come il soggetto proteiforme sanciscono
la molteplicità dell’essere stesso – niente altro che differenza
in sé, differenziale puro, virtualità creativa e metamorfizzante.
Claudia Dovolich riflette poi con Derrida su différance
e decostruzione (pp. 225-259). Il percorso teorico derridiano si sviluppa
con sottolineata continuità da una ricerca sulla differenza e
sulle sue tracce (per esempio nella scrittura o nei testi della tradizione)
ad un’indagine sull’alterità con esplicite connotazioni etico-politiche,
da un privilegiamento della domanda e della questione ad una risoluta
attenzione per la risposta e la responsabilità: la decostruzione
come esperienza dell’impossibile è essa stessa in realtà
esposizione all’evento della venuta dell’altro.
Nella
sezione sul problema della differenza nell’antropologia filosofica,
Maria Teresa Pansera si concentra su Scheler, Plessner e Gehlen (262-293).
La posizione dell’uomo rispetto al mondo animale o vegetale è
indagata secondo le caratteristiche della vita psichica, nella capacità
di negare e trascendere la realtà in un mondo dello spirito,
nell’eccentricità e presa di distanza che trasforma la natura
in cultura, nell’apertura al mondo ed adattabilità, nella flessibilità
e plasticità di un essere attivo e non solo reattivo.
Conclude
il volume la sezione sul nesso tra la differenza e le donne, che nel
pensiero contemporaneo è stato sviluppato soprattutto nei cosiddetti
gender studies. Francesca Brezzi (296-318) si misura con il problema
di un linguaggio da ripensare e riformulare, riferendosi soprattutto
a Luce Irigaray e al suo ammonimento che non si dia alcun parlare neutro,
neanche nelle scienze cosiddette esatte. Il recupero delle passioni,
già grande tema addirittura cartesiano, per esempio del desiderio
e dell’ammirazione come movimenti verso l’altro, permette di ripensare
il gesto della carezza come linguaggio primordiale ed incarnato, promessa
forse di un nuovo umanesimo. Per finire Fabrizia Abbate si interroga
con Martha Nussbaum sulla funzione dell’immaginazione narrativa nel
discorso pubblico e in senso lato civile ed etico-politico di una società
democratica (319-334). La letteratura consente di cogliere la complessità
umana, permette di avvicinare con pietà e compassione il possibile
altro da sé, prepara alle attività morali della vita,
coltivando un’umanità capace di pensare la differenza e di viverla
come autentico cosmopolitismo.
Gabriella
Baptist
Indice:
A. Ales Bello, Presentazione
I. Alterità e differenza
A. Ales Bello, L’altro, il diverso, l’estraneo.
La differenza nell’antropologia fenomenologica: oltre Edmund Husserl
F. Brezzi, Una filosofia dell’altro: Emmanuel Lévinas
D. Iannotta, Identità e alterità
nell’esperienza del sé: Paul Ricśur
II. Il pensiero della differenza
P. Cipolletta, Il cammino nella differenza: Martin
Heidegger
C. Di Marco, Gilles Deleuze. Pensare la differenza
C. Dovolich, Différance e decostruzione
in Jacques Derrida
III. La differenza nell’antropologia filosofica
M. T. Pansera, Dalla differenza biologica alla peculiarità
dell’umano: Scheler, Plessner e Gehlen
IV. La differenza e il femminile
F. Brezzi, Coltivare l’umanità: l’altro
e il suo dire
F. Abbate, L’occhio della pietà: Martha
C. Nussbaum