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“L'imaginaire matérialisé”: L'immaginazione e la tesi d'irrealtà Gli studi
sull'immaginazione e sull'immaginario, elaborati alla fine degli anni
trenta, costituiscono il primo momento di riflessione teorica nell'opera
di Sartre[1]. Un interesse così pronunciato
in quel periodo per la teoria dell'immagine risulta tutt'altro che
ingiustificato o sprovvisto di motivazioni: s'inserisce infatti nel
processo di acquisizione, nonché di rielaborazione della fenomenologia
husserliana, operato da Sartre in seguito al suo soggiorno a Berlino. Nel
tentativo di dare un nuovo statuto all'immagine e all'immaginario, Sartre
enuclea dei principi estetici che non solo saranno presenti e operativi in
tutta la sua opera critica ma, pur subendo profonde rielaborazioni e
modifiche, gli permetteranno di superare i limiti e le impasses sorti con la sua
teorizzazione della letteratura impegnata. Non è un caso infatti se L'Idiot de la famille (1970-71) -
l'ultima ricchissima e incompiuta opera di Sartre - verrà considerato
dall'autore stesso una prosecuzione ed un'evoluzione delle teorie
elaborate nell'Imaginaire[2] Nell'Imagination, dov'è sviluppata soprattutto la pars destruens d'una nuova teoria
dell'immaginazione, Sartre si applica a confutare, con notevole acutezza e
indubbia parzialità, le principali teorie dell'immagine enucleate da
Cartesio a Bergson. Queste a suo vedere, pur nelle loro differenti
articolazioni, sono tutte fondate su un particolare errore: "l'illusione d'immanenza". Questo
sviante atteggiamento teoretico consiste nel concepire l'immagine come un
oggetto, ossia come un possibile ed eventuale contenuto della coscienza. Sartre
al contrario, facendo propria la teoria husserliana dell'intenzionalità,
afferma con decisione che l'immagine non è una cosa bensì un atto Il
n'y a pas, il ne saurait y avoir d'images dans la conscience. Mais l'image
est un certain type de conscience. L'image est un acte et non une chose.
L'image est conscience de quelque chose[3] L'immagine dunque
non si offre con la consistenza d'un dato reale ma si risolve in un
processo intenzionale: è un
rapporto i cui poli sono la coscienza e l'oggetto verso cui essa si
trascende. Qualche anno dopo, nell'Imaginaire, Sartre analizza più in
dettaglio la struttura intenzionale della coscienza immaginativa e il
risultato cui essa dà vita: l'immaginario, concepito come suo correlativo
noematico. In questa ulteriore riflessione Sartre sottrae l'immagine a
ogni processo conoscitivo e la separa dall'ambito della percezione. Così,
nell'articolarsi dei ragionamenti con cui l'immaginazione viene separata
dalla percezione, si delinea il fondamento dell'attività immaginante. Le minuziose argomentazioni
dimostrative Toute
conscience pose son objet, mais chacune à sa manière. La perception, par
exemple, pose son objet comme existant. L'image enferme, elle aussi, un
acte de croyance ou acte positionnel. Cet acte peut prendre quatre formes
et quatre seulement: il peut poser l'objet comme inexistant, ou comme absent, ou comme existant
ailleurs; il peut aussi se «neutraliser», c'est-à-dire ne pas poser son
objet comme existant. Deux de ces actes sont des négations: le
quatrième correspond à une suspension ou neutralisation de la thèse.
Le troisième, qui est positif, suppose une négation implicite de
l'existence naturelle et présente de l'objet[4] L'immaginazione -
asserisce Sartre - si distacca
dalla realtà, la nega e
costituisce un oggetto irreale:
"ainsi l'acte imaginatif est à la fois, constituant, isolant, et anéantissant"[5]. In ultima analisi,
l'acquisizione più importante tra queste riflessioni è di certo quella che
attribuisce alla coscienza immaginativa un potere nullificante;
l'immaginario opera una riduzione al nulla del reale, ponendo una tesi
d'irrealtà: "Nous saisisson à présent la condition essentielle pour qu'une
conscience puisse imager: il faut qu'elle ait la possibilité de poser une
thése d'irréalité"[6] La discussione
sulle tesi sartriane dell'immagine non è certo mancata ma le critiche sono
state dirette soprattutto a diversi punti fondanti della sua teoria
esposta nell'Imagination e nell'Imaginaire[7] Percorrere gli
itinerari in cui Sartre utilizza, ripensandoli e rielaborandoli, i
principi della teoria dell'immaginario presenti nei testi teorici
d'anteguerra è tanto più importante in quanto consente di evincere e
tentare di risolvere un curioso paradosso: come conciliare, infatti, la tesi d'irrealtà posta a fondamento
dell'attività immaginante e dell'immaginario, con le intenzioni e le
proposizioni del Sartre teorico dell'impegno[8]? La letteratura engagée Per sciogliere
tale nodo bisogna individuare quei momenti in cui l'attività immaginante
viene colta nel suo attuarsi, nel suo concreto nascere e svilupparsi. È
nell'opera singolare e paradossale di Sartre biografo che s'incontrano le
maggiori espressioni dell'immaginario: la metamorfosi di Jean Genet da
ladro a scrittore, descritta nel Saint Genet comédien et martyr e
la complessa trasformazione di Flaubert da idiota della famiglia a grande
scrittore, raccontata nell'Idiot de
la famille, L'immaginario e la «vittoria verbale» di Genet Ancora bambino,
Genet viene condannato dalla società dei Giusti ad essere ladro. Ben presto
comprende che per superare la propria alienazione, provocata dall'identità
imposta, può solo adoperarsi per approfondirla e consolidarla: in tal modo
potrà impadronirsene e rendersene autore. Stando così le cose, volendo
infine ribellarsi ai suoi
accusatori, schierati dalla parte del Bene ossia della pienezza
dell'essere, Genet si vede costretto a collocarsi nella po& In realtà nello
schema ontologico di Genet-Sartre il Male, piuttosto che realizzare il
non-essere, lo progetta.
Infatti il Male, non potendo coincidere con l'essere, che è
totalmente buono, e non riuscendo a identificarsi effettivamente col
non-essere, che non è nulla, consiste in un essere che si sottrae alla
bontà dell'essere e che si dirige verso il non-essere. Dati questi
presupposti, si può concludere che il male affonda le sue radici
nell'immaginario la cui attività, secondo Sartre, effettua
un'irrealizzazione del reale: "le Mal ne se fait pas; il s'imagine; là est la solution de toutes ses
contradictions. Le Mal radical n'est pas le
choix de la sensibilité, c'est celui de l'imaginaire"[9]. Trasformandosi da ladro ad
esteta, Genet incarna nella sua persona il nulla dell'immagi& Ma per attuare
tale progetto di liberazione, riappropriandosi volontariamente di
un'identità attribuita dall'esterno, all'esteta non rimane che conquistare
la dimensione artistica: deve realizzare fuori di sé
quell'immaginario che fino ad allora costituiva la sua forma
d'esistenza. La vittoria di Genet, afferma Sartre, è verbale: la scrittura,
materializzazione dell'immaginario, gli permette di poter compiere la
rivolta nei confronti dei Giusti En
se faisant exister comme objet pour autrui, Genet se crée dans l'en soi.
Sans doute, il n'aura jamais l'intuition de ce qu'il crée. Mais s'il ne
peut jouir de soi dans l'autre, du moins connaît-il la joie de se
produire. Il joue sur un
clavier dont il n'entend pas le son mais il sait qu'on entend là-bas
dans la chambre voisine, les notes se suivent dans l'ordre qu'il a choisi,
avec l'intensité qu'il a voulue, il sent le mouvement de ses doigts, la
résistance des touches, il devine qu'il réussit tous ses effets dans les
oreilles des autres. Il a gagné. Tenu pour voleur, il voulait le devenir:
mais on ne donne pas l'être à ce qui est. Le coup de génie, l'illumination
qui découvre l'issue, c'est le choix d'écrire[10] Il percorso che
conduce Genet alla sua vittoria "verbale" e reale, si svolge seguendo
l'approfondimento d'una idea che Sartre aveva soltanto accennato nell'Imaginaire Pour
le reste, l'objet en image est un irréel. Sans doute il est présent mais,
en même temps, il est hors d'atteinte. Je ne puis le toucher, le changer
de place: ou plutôt je le
peux bien, mais à la condition de le faire irréellement, de renoncer à me
servir de mes propres mains, pour recourir à des mains fantômes qui
distribueront à ce visage des coup irréels: pour agir sur ces objets irréels, il faut que moi-même je
me dédouble, que je m'irréalise[11] In sede
strettamente teorica, Sartre non avvertiva la necessità di sviluppare, o
comunque far emergere alcune eventuali conseguenze dal principio
dell'irrealizzazione; nel Saint
Genet, invece, l'imporsi di alcune scelte nelle vicissitudini della
vita d'un individuo concreto costringono il biografo a mettere alla prova,
soppesare e trasformare le proprie teorizzazioni, nonché a valutarne
l'effettiva portata nel loro impatto con la realtà. L'incontro di Genet con
l'immaginario avviene in pieno accordo con lo schema semplicemente
abbozzato nell'Imaginaire:
"pour former une image, il faut
se décrocher de l'être et se projeter vers ce qui n'est pas encore
ou vers ce qui n'est plus, bref se néantiser"[12]. Nella fattispecie ciò
comporta un evento di enorme importanza: "à chaque fois qu'il imagine,
Genet fait l'expérience de son néant"[13]. L'imagination
est à double face; si le juste veut en faire un bon usage, elle est aveu
d'impuissance: on imagine ce qu'on ne possède pas et ce qu'on ne peut
créer; mais si quelque âme orgueilleuse et perdue aime les images pour
elles-mêmes et prétend créer un ordre des faux-semblants, univers
parasitaire qui se nourrit cyniquement du nôtre, caricature diabolique de
la Création, alors l'imagination devient blasphème et défi: puisque
l'homme en tant qu'être vient de Dieu, il se choisira résolument
imaginaire pour ne se tenir que de lui seul. Le rêve manifeste le règne
humain parce que l'homme seul peut produire l'apparence; mais c'est pour
présenter aussitôt ce royaume comme un néant. En rêve l'homme peut tout
mais cet empire absolu n'est que l'absolu pouvoir de se détruire. L'homme
de Genet, créature de l'orgueil, s'arrache à l'être pour se cantonner dans
le pur paraître. Faute de pouvoir se créer, il se produit en apparence et
comme une apparence[14] La creazione d'un
mondo parassitario di vane apparenze e falsi esseri, intenzionato e
posseduto solo a costo di rendere irreali anche se stessi, finisce per
identificarsi, secondo Sartre, con un'attività masturbatoria; l'immagine
diventa la mediazione del Narciso con se stesso: "Nous découvrons enfin le
secret de cette vie imaginaire: l'image est l'inconsistante médiation qui
rejoint Narcisse à lui-même. L'Opéra fabuleux aboutit à la
masturbation"[15]. Eppure la specificità di questa
azione onanistica (per definizione sterile e gratuita) rivela una proprietà straordinaria e
inaspettata dell'immaginario:
Non,
l'onanisme de Narcisse n'est pas, comme un vain peuple le pense, une petite galanterie qu'on se
fait vers le soir, la récompense gentille et gamine d'un jour de labeur:
il se veut crime. C'est de son néant que Genet a tiré sa jouissance: la
solitude, l'impuissance, l'irréel, le mal ont produit directement et sans
recourir à l'être un événement dans le monde[16] Il nulla,
l'irreale hanno prodotto un effetto nel mondo, proprio in quella realtà
dove la pienezza dell'essere incarnata dai Giusti aveva impedito al
reprobo ogni sorta di sopravvivenza che non fosse quella alienata
nell'identità di ladro: "Il peut donc y avoir une causalité de
l'imaginaire. Le néant, sans cesser d'être
néant, peut produire des effets réels"[17]. Ma che valenza ha tale causalità dell'immaginario,
annunciata in questa tappa dell'esistenza di Genet? Soprattutto bisogna
evitare di cadere nell'equivoco di attribuirle quel valore funzionale
peculiare della prosa su cui si fondava la letteratura impegnata:
l'immaginazione non sostituisce uno strumento ad un altro. Infatti
l'immaginario non appartiene al mondo dei segni: le immagini non sono
assimilabili alla dimensione della prosa, quale era stata tematizzata da
Sartre in Qu'est-ce que la
littérature? Sa
volonté est réaliste. Il veut ce qui est. Mais l'objet même de cette
volonté la change bientôt en un rêve. Genet sans cesser de vouloir le réel
s'embarque dans l'imaginaire. Fidèle à son projet premier, il refuse de
s'abandonner aux fictions: il ne sera pas de ceux qui tournent le dos à
l'univers et qui s'enchantent de leurs images[18] La vittoria
definitiva di Genet, ossia la scelta della scrittura quale realizzazione
dell'immaginario, genera nuove determinazioni della teoria
dell'immagine, che verrà
comunque ulteriormente approfondita e articolata nell'Idiot de la famille "Scripta
manent"[19]: L'Idiot de la famille Nel percorso
critico che intendeva individuare le motivazioni e le modalità
dell'approdo di Flaubert alla letteratura, Sartre affida all'immaginario
un ruolo centrale. Soprattutto si trovano nell'Idiot de la famille delle
riflessioni illuminanti sulle complesse relazioni tra immaginario,
letteratura e realtà.
Da parte sua il
piccolo Gustave si trova in una condizione di profondo disagio perché il
padre autoritario si è sostituito a lui, sottraendogli l'essere. A causa
di questa derealizzazione, il bambino si percepisce come irreale ossia
immaginario. Per autocostituirsi e conquistare una propria
individualità, sceglie di approfondire la propria identità
immaginaria; tanto che la sua opzione fondamentale sarà,
nell'interpretazione sartriana, la scelta dell'immaginario[20]: "… au cours de ses relations
ludiques avec sa sœur il se trouve amené à faire son option fondamentale;
il luttait en vain contre la déréalisation, à présent il l'assume et l'utilise; il a choisi l'imaginaire"[21]. In un primo momento Flaubert
tenta d'impadronirsi del suo essere derealizzato facendosi attore,
ossia diventando qualcuno che produce l'immaginario per mestiere: da
oggetto immaginario, si rende soggetto immaginario. Allo stesso modo
d'una statua di Venere, analogon centre
réel et permanent d'irréalisation (…). Il se mobilise et s'engage tout
entier pour que sa personne réelle devienne l'analogon d'un imaginaire qui
se nomme Titus, Harpagon ou Ruy Blas. Bref, chaque soir, il se déréalise
pour entraîner cinq cents personnes dans une irréalisation
collective[22] Il
se fait en lui une conversion véritable et, à mon sens, capitale: puisque,
dans la société qu'il fréquente,
l'être s'exprime avant tout par la profession qu'on exerce et se mesure
à l'efficacité pratique et puisque d'autre part il ne peut combattre
la déréalisation dont il souffre qu'en s'irréalisant chaque jour un
peu plus, il va réparer cette fissure sans cesse agrandie en faisant
de l'irréalisation son métier[23] Ma incarnare sulla
propria persona la nullificazione immaginaria, in virtù dell'attività di
commediante, non è più sufficiente alle esigenze di liberazione di
Flaubert. Il giovane Gustave deve effettuare un passaggio ulteriore e
riuscire a materializzare l'immaginario fuori di sé: da attore deve
diventare autore. Il fallimento della sua aspirazione a diventare
commediante è stato provvidenziale e determinante, perché gli ha
consentito di scoprire un valore sconosciuto delle parole: "les médiateurs
entre l'enfant déréalisé et le monde irréel où il se transporte par sa
propre irréalisation, ce sont les
mots"[24] Mais,
si le mot résonnant dans sa tête ou vaguement prononcé fait fonction
d'hallucinatoire, qu'a-t-il besoin, Gustave, de le faire passer dans sa
plume pour le déposer, écrit, sur sa feuille? La réponse est qu'il veut le
matérialiser et, tout ensemble, en pousser à fond l'imaginarisation. Les
vocables qu'il répète dans sa tête et que personne n'entend ressemblent
trop à des images, en un sens, pour fournir à la conscience imageante de
bons analoga. Fugitifs, inécoutés, ils glissent et, malgré leur fascinante
altérité, semblent appartenir au vécu dans sa pure subjectivité. Même quand, dans la solitude, le petit
Flaubert les prononce à voix haute, ils sont trop siens encore pour s'imposer à son
onirisme et le soutenir
jusqu'au bout car ils n'existent dans leur actualité sonore que le
temps même que sa voix les déclame. Scripta manent. Certes sa main trace
les graphèmes mais ils survivent au mouvement des doigts, s'isolent, se
referment sur soi, prennent, dès que l'encre a séché, une existence
indépendante, objective[25] La parola scritta,
straordinario agente di derealizzazione, acquisisce un'esistenza indipendente. È questa
la scoperta del giovane Flaubert e l'approdo di Sartre ad un rinnovato
rapporto con l'immaginario: la caratteristica di spontaneità che nell'Imaginaire era appannaggio della
coscienza immaginante, ora viene attribuita anche all'immagine
intenzionata e materializzata nella scrittura. La parola scritta, che
materializza l'opera di derealizzazione dell'attività immaginante,
acquista una individualità propria e un'efficace operatività sul reale. In
tal modo vengono superati due ordini di difficoltà: in primo luogo è
definitivamente dissipato il rischio d'una immaginazione evasiva che
allontani l'uomo dalla realtà e dai suoi problemi; inoltre viene eluso
anche il pericolo di assumere la causalità dell'immaginario, già
individuata nel Saint Genet,
come mezzo d'azione nel reale in alternativa al linguaggio segnico della
prosa - quella prosa strumentale teorizzata da Sartre in Qu'est-ce que la littérature? Per il giovane
Flaubert la letteratura, realizzando l'immaginario, … l'écriture,
en même temps, qu'elle le sauve de l'autisme, est l'objectivation et la
matérialisation de celui-ci. L'écriture, pour Gustave à cette époque, est
un rôle qui, à mesure que l'acteur le joue, sans cesser d'être une
détermination irréelle, persuade celui-ci qu'il est le personnage
pour de bon. Et par cette croyance même, jamais complète, le comédien
accède pleinement au monde de l'imagination. La littérature du jeune
Flaubert, c'est l'imaginaire réalisé[26] La dimensione dell'autore nella
vita di Flaubert viene raggiunta, secondo l'analisi di Sartre, attraverso
due momenti: quello del poeta e quello dell'artista. Se
l'atteggiamento poetico consiste nel fuggire dalla realtà verso
l'immaginario, quello artistico intende sottrarre valore al reale: si
adopera a derealizzarlo per realizzare l'immaginario. Flaubert riesce
dunque a liberarsi dall'oppressione cui era costretto, solo conquistando
l'arte; la scrittura, con la quale può materializzare la propria opera di
nullificazione della realtà, diventa la via d'accesso ad un rapporto
trasgressivo con la società. Questo almeno è il risultato cui perviene
Flaubert, quale Sartre ce lo riferisce nei primi due volumi dell'Idiot de la famille Ainsi,
en vérité, l'Art pour l'Art, objectivement, apparaît comme une féodalité
noire dont le principe, le Beau, est caché mais dont les Artistes sont,
imaginairement, les chevaliers du Néant. Le rapport de Flaubert au réel
(bourgeois) est la destruction imaginaire. Par là, nous comprenons que
l'Art pour l'Art, féodalité irréelle, est, en vérité, la «couverture» que
les écrivains et les artistes tirent avant l'heure sur la bourgeoisie qui
s'est dangereusement découverte. Couverture imaginaire, bien entendu, mais
qui en appelle une autre, imaginaire aussi mais qui la consolide en distinguant
les chevaliers du Néant, au nom d'une autre chevalerie, celle de la Mort
(militaire). Dans le fond, je l'ai dit, repoussé par sa famille, hors du
monde bourgeois, dans l'anomalie, Flaubert n'a jamais profondément
souhaité (sans se le dire) que sa réintégration dans l'élite de sa classe
(où étaient naturellement son père et son frère) à titre de Mandarin, mais
il s'est voilé ce souhait irréalisable par son désir (également
irréalisable) de déclassement[27] Senza entrare nel
merito di questo giudizio finale di Sartre, è comunque legittimo ritenere
valide alcune analisi e alcune determinazioni teoriche sviluppate nel
corso dell'opera critica sartriana e, nella fattispecie, all'interno
dell'Idiot de la famille La ribellione nei
confronti dei Giusti da parte di Genet e nei confronti del padre e dei
borghesi da parte di Flaubert avviene tramite una scelta dell'immaginario:
della irrealizzazione del mondo e di se stessi. Tramite successive
fasi di maturazione e sviluppo, e differenti modi di assumere l'immaginario,
riuscendo a rimuovere, o meglio a sfruttare situazioni di blocco o di
stallo della propria esistenza, sia Genet che Flaubert sono pervenuti
ad essere scrittori. È dunque una particolare ed inedita concezione
dell'immagine e della scrittura, quindi della letteratura che emerge
da queste eterodosse biografie. La letteratura, in quanto materializzazione dell'immaginario,
non è uno strumento col quale lo scrittore, secondo le proposizioni
della teoria dell'impegno, agisce direttamente sulla realtà, ma
costituisce una dimensione dove interviene, al di là delle determinazioni
volontarie e coscienti dell'autore, il potere ever& Sartre apre una via per superare l'impasse dell'impegno, ponendosi
in una posizione di grande attualità. Nelle opere in cui riflette sul
concreto farsi della letteratura, ricerca le motivazioni per cui alcuni
individui abbiano trovato come unica via d'uscita, rispetto ad alcune
aporie della propria esistenza, la scelta della letteratura. L'interrogativo
posto all'inizio dell'Idiot de la famille: "que peut-on
savoir d'un homme, aujourd'hui?", sembra trasformarsi piuttosto in:
perché un uomo scrive? Interrogativo che implica forzatamente una presa
di posizione sulla posta in gioco della scrittura. Ne viene che la scelta
della letteratura è dominata da una scelta dell'immaginario, grazie
alla quale lo scrittore mette in scena una nullificazione della realtà.
In questo processo l'opera letteraria trasforma lo scrittore e produce
effetti sulla realtà senza che ciò comporti un'attuazione volontaristica
d'un progetto teorico prestabilito. [1]
J.-P.
Sartre, L'Imagination, Paris, PUF, 1936, coll. Quadrige,
19893; L'Imaginaire, [2]
J.-P. Sartre, Sur «L'Idiot de
la famille», in Situations X.
Politique et autobiographie, Paris, Gallimard, 1976, p.101: "Je crois
que la plus grande difficulté a été d'introduire l'idée d'imaginaire,
l'imaginaire comme détermination cardinale d'une personne. Le livre [L'Idiot de la famille], tel qu'il
se présente maintenant, se rattache d'une certaine façon à L'Imaginaire, que j'ai écrit avant
guerre" [3]J.-P.
Sartre, L'Imagination, [4]
Ibid [5]
J.-P. Sartre, L'Imaginaire [6]
Ibid [7]
Una delle critiche più serrate alla teoria sartriana dell'immaginario
è quella mossa da Gilbert Durand. Pur riconoscendo a Sartre l'indubbio
merito d'aver isolato le caratteristiche dell'immaginario, separandolo
dalla percezione e dalla memoria,
lo condanna per essere approdato ad una totale svalutazione
dell'immagine e del ruolo dell'immaginazione nella psicologia e nell'arte:
"Le mérite incontestable de Sartre a été de faire un effort pour décrire
le fonctionnement spécifique de l'imagination et pour bien le distinguer
- tout au moins dans les deux cents premières pages de l'ouvrage -
du comportement perceptif ou mnésique. Mais
à mesure que progressent les chapitres, l'image et le rôle de l'imagination
semblent se volatiliser et aboutir en définitive à une totale dévaluation
de l'imaginaire, dévaluation qui ne correspond nullement au rôle effectif
que joue l'image dans le champ des motivations psychologiques et culturelles.
Finalement, la critique que Sartre adressait aux positions classiques
dans L'Imagination, leur reprochant de
«détruire l'image» et de «faire une théorie de l'imagination sans
images», se retourne contre l'auteur de L'Imaginaire", (G. Durand, Les Structures anthropologiques de l'imaginaire.
Introduction à l'archétypologie générale Durand
sembra addebitare questo scacco della teoria sartriana soprattutto
alla sua incapacità di cogliere il ruolo generale dell'opera d'arte
e del suo supporto immaginario. Causa prima di tale difetto sarebbe
il tradimento del metodo fenomenologico in favore d'uno psicologismo
ristretto, nel quale il patrimonio immaginario dell'umanità viene
indebitamente sottomesso all'ambito della coscienza (ibidem, pp. 19-21). La critica della
concezione sartriana dell'immaginario coinvolge una più ampia riserva
di Durand circa l'estetica di Sartre nel suo insieme. Questa, assimilata
semplicemente e sbrigativamente alla teoria dell'impegno, ridurrebbe l'arte ad una valenza strumentale,
ad un momento dell'impegno del singolo nella situazione. Un'estetica
siffatta insomma "subordonne - sostiene Durand - l'œuvre d'art à un
«engagement» utilitaire qui en est fort éloigné, répudie les conceptions
de l'art pour l'art et même la genèse de l'art à partir de ses sources
anthropologiques: la religion et la magie" (ibidem In realtà le crititiche di Durand, se da un lato mostrano d'avere
qualche fondamento, da un altro appaiono piuttosto deficitarie in quanto
non considerano altri luoghi dell'opera sartriana che presuppongono un
approfondimento teorico della dimensione immaginaria e integrano le lacune
presenti nell'originaria tematizzazione dell'Imaginaire. Va comunque ricordato
che nel 1964, anno in cui Durand pubblica Les Structures anthropologiques de
l'imaginaire, non era ancora uscito L'Idiot de la famille Anche Carchia, in Immaginazione e Imaginaire in Jean-Paul Sartre ("Rivista di
estetica", 42, XXXII, 1994, pp. 45-54), mette l'accento sui lati negativi
dell'immaginario in Sartre (sapere degradato, inganno o autoinganno,
diminuzione ontologica che pone l'immagine sotto il segno dell'evasione);
ma riconosce che nella
dimensione artistica l'immaginario può essere recuperato perché qui
l'immagine non si propone come mistificazione o copia ma si pone
deliberatamente come anti-mondo e come finzione. Anche l'analisi di
Carchia però si arresta alla considerazione dell'ultimo capitolo dell'Immaginaire senza spingere oltre
la propria indagine.
[8]
Cfr. soprattutto Présentation des
Temps Modernes,, in "Temps Modernes", n. 1, 1° ottobre, 1945, pp.
1-21, ripreso in Situations II,
Paris, Gallimard, 1948 e Qu'est-ce
que la littérature? , in
Situations II, [9]
J.-P. Sartre, Saint Genet comédient et martyr [10]
Ibidem [11]
J.-P. Sartre, L'Imaginaire [12]
J.-P. Sartre, Saint Genet comédient
et martyr [13]
Ibidem [14]
Ibidem [15]
Ibidem [16]
Ibidem [17] [18] Ibidem [19]
Scripta
manent
è il titolo di un paragrafo dell'Idiot de la famille [20]
L'opzione fondamentale
corrisponde a ciò che Sartre chiama scelta originale, choix originel, nel paragrafo intitolato "La
psychanalyse existentielle" dell'Être et le Néant, (Paris,
Gallimard, coll. [21]
J.-P. Sartre, L'Idiot de la
famille, Paris, Gallimard, 1970, vol. [22]
Ibidem,
[23]
Ibidem,
[24]
Ibidem,
[25]
Ibidem,
[26]
Ibidem,
[27]
Ibidem,
vol. III, p. 658. |
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