Jean-Luc
Nancy,
La nascita dei seni Cortina, Milano 2007, ISBN 978-88-6030-148-2 euro 10,00
Il problema dello spazio è un problema filosofico classico. Ma il farsi-spazio, il farsi-largo delle cose permette di pensare tale classico problema secondo un nuovo punto di vista: quello dell’e-mozione, come il muoversi verso, fuori di sé, comune a tutte le cose. Si tratterebbe, allora, di pensare lo spazio secondo una differente logica dell’estensione, che fa tutt’uno con l’esposizione. Con il suo La nascita dei seni Jean-Luc Nancy ha offerto, per una tale logica, un importante contributo. La nascita dei seni è, infatti, per Nancy, un vero e proprio paradigma per pensare il mondo e la sua estensione. Un tale paradigma, prima di essere trattato in maniera approfondita in questo testo, veniva accennato in qualche scritto più letterario che filosofico di Nancy (ovvero in Peana per Afrodite, che, per tal motivo si trova ripreso in appendice a La nascita dei seni). Ma la nascita dei seni faceva la sua comparsa come paradigma nella prima edizione di una delle opere più significative del filosofo francese: Corpus. In questo testo si legge infatti, a proposito del mondo dei corpi: È uno spazio ammassato, una massa spaziosa, estensione che si espone come consistenza, peso, rigonfio […] Il paradigma è probabilmente il seno femminile, massa che localizza numerose ectopie. Nutrimento, oggetto, separazione, visibilità del sesso, movimento indipendente, erezione, abbondanza duplicità, inversione del pettorale vigoroso, nascita della curva, nascita del frutto: la nascita dei seni è il paradigma di ogni nascita come modalizzazione essenziale dell’arealità, e mostra che questa modalizzazione può essere detta, in tutti i sensi, emozione(1). Ne La nascita dei seni Jean-Luc Nancy dà luogo a una singolare ricognizione di frammenti, per lo più letterari, sul seno nudo e sul sorgere dei seni. Il testo avrebbe una natura squisitamente poetico-letteraria se la nascita dei seni non venisse presentata ripetutamente come paradigma del sorgere del mondo, delle cose, del pensiero. Un’intimità esposta, quella dei seni, ovvero la crisi stessa dell’intimità, destinata ad affacciare sempre fuori, ad esporsi. In fin dei conti sempre destinata, cioè consegnata all’altro. Una singolare plasticità, quella dei seni, perché mantengono una forma, senza cessare tuttavia di assumerne altre. Una decisa insistenza sulla loro nascita, quella del filosofo, che preferisce mostrare in modi sempre diversi e suggestivi, più che dimostrare, un concetto che così riassume: «Il cuore delle cose non costituisce un oggetto. Non è qualcosa che viene individuato dalla conoscenza, è uno spazio di nascita. La nascita è l’apertura di uno spazio, inventa la spaziatura che essa stessa è e attraverso la quale un luogo nuovo prende posto. La nascita dei seni li spazia l’uno dall’altro, tra di essi si trattiene il loro segreto: la loro gola, la loro svasatura, il loro raccoglimento»(2). Più che i seni, Nancy pensa la loro nascita, che fa tutt’uno con l’affermazione della nudità. Quest’ultima, lungi dall’essere mancanza, è piuttosto una crescita, che dice l’accadere del mondo e del suo estendersi. Attraverso il paradigma della nascita dei seni, il filosofo fa ritornare così tutte le questioni caratterizzanti del suo pensiero: la nascita, la spaziatura delle cose, il levarsi del corpo, la sua esposizione.
Il testo, tuttavia, è privo di più di un riferimento letterario
importante: benché molti autori siano convocati da Nancy intorno
alla questione del senso nudo, proprio l’assenza di un celebre
brano come quello del Palomar di Italo Calvino
lascia intuire
che, oltre alla citazione, il filosofo abbia mancato, innanzitutto,
il tema dello scoprirsi e della scoperta
relativa
all’esposizione dei seni. Un tema per nulla marginale se si parla
della nascita dei seni. La nascita dei seni fa scoprire donne, ma
individua sia la donna che l’uomo. Investendo, anche e soprattutto,
lo sguardo di quest’ultimo. Nel romanzo di Calvino, infatti, il
protagonista fa un singolare incontro su una spiaggia, così
descritto nel capitolo intitolato, non a caso, “il seno nudo”: Il signor Palomar cammina lungo una spiaggia solitaria. Incontra rari bagnanti. Una giovane donna è distesa sull'arena prendendo il sole a seno nudo. Palomar, uomo discreto, volge lo sguardo all'orizzonte marino. Sa che in simili circostanze, all'avvicinarsi d'uno sconosciuto, spesso le donne s'affrettano a coprirsi, e questo gli pare non bello: perché è molesto per la bagnante che prendeva il sole tranquilla; perché l'uomo che passa si sente un disturbatore; perché il tabù della nudità viene implicitamente confermato; perché le convenzioni rispettate a metà propagano insicurezza e incoerenza nel comportamento anziché libertà e franchezza. Perciò egli, appena vede profilarsi da lontano la nuvola bronzeo-rosea d'un torso nudo femminile, s'affretta ad atteggiare il capo in modo che la traiettoria dello sguardo resti sospesa nel vuoto e garantisca del suo civile rispetto per la frontiera invisibile che circonda le persone.(3)
Ogni elemento presentato dal brano di Calvino, trascurato da Nancy, è, invece, oggetto dello studio di Jean-Claude Kaufmann, Corpi di donna, sguardi di uomo. Sociologia del seno nudo. Un’indagine sul campo ricca di interviste, quest’ultima, ma con efficaci premesse teoriche. Sulla linea delle celebri analisi di Norbert Elias in merito al processo di civilizzazione, Kaufmann approfondisce il controllo del corpo che si annida nell’esibizione del seno nudo. Tale esibizione, infatti, non ha niente di naturale e spontaneo, rispondendo piuttosto a un preciso e localizzato controllo. La spiaggia, ad esempio, su cui Kaufmann a ragione concentra la sua ricerca, è il luogo dove l’esibire il seno nudo trova la più efficace elaborazione della sua normalità, in relazione a quello che viene definito come un vero e proprio sistema degli sguardi e delle visibilità. Non è concesso a tutti di spogliarsi e non ci si può spogliare in qualsiasi modo. La rimozione della nudità oscilla tra la banalità e il lusso, all’interno del controllo della sua estensione. Pertanto, quella che appare come una “liberazione del corpo” non può essere pensata separata dal suo più invasivo controllo, proprio perché una tale liberazione ha “interiorizzato” tutta una serie di costrizioni: dalle posture fino al tempo dello sguardo. Un tale autocontrollo ha reso la nudità sempre più gestibile, sempre più vigilata. Acutamente Kaufmann rileva: Molti autori hanno mostrato come la liberazione del corpo sia una semplice compensazione in spazi ben delimitati, per esempio negli stabilimenti sportivi o in spiaggia, in una società che, invece, nega il corpo, e come in realtà, meno visibili, si siano installate nuove procedure di controllo dei movimenti che rafforzano i meccanismi di esclusione a partire dalle norme della giovinezza e della bellezza. […] Le osservazioni fatte nei luoghi in cui gli svelamenti sono più spinti tendono a comprovare questo spostamento delle norme da ambiti più esterni verso meccanismi più intimi. Quando le donne si svestono sulla spiaggia, quello che mostrano (unghie di piedi laccate, ascelle rasate, inguini depilati) è estremamente elaborato. Quando gli uomini e le donne si denudano completamente come nei campi naturisti, le emozioni sessuali sono rigorosamente autocontrollate. E persino nella situazione limite dei corsi di pratiche corporee dove ci si tocca e ci si accarezza reciprocamente, il controllo dei gesti comporta una ritualizzazione che disinnesca il loro potenziale di sensualità. Come se i limiti diventassero sempre più raffinati man mano che il corpo amplia i propri spazi di libertà.(4) La nostra cultura ha digerito il corpo controllando la sua progressiva scoperta. Ha creato, nel corso del tempo, luoghi e momenti per la sua esposizione. Ciò che accade al seno nudo è esemplare. Dai rituali dell’abbronzatura fino alla pratica del topless, il saggio di Kaufmann mostra l’ordine del visibile e del pensabile che ci portiamo dietro e soprattutto dentro. Manca, tuttavia, una riflessione sull’immagine del corpo. L’interiorizzazione del controllo sarebbe impossibile senza l’assunzione di un’immagine esterna, di un’immagine-norma. Nella ricerca di Kaufmann vi sono accenni riducibili per lo più a pochi indizi, quando uno studio sul seno nudo avrebbe dovuto, a nostro parere, maggiormente tematizzare la sfida che un particolare regime dell’immagine lancia al corpo. Non tutte le immagini elaborano la norma di un corpo. Solo quando l’immagine assume una funzione ortopedica, all’interno di un particolare regime della rappresentazione, essa diventa normalizzante. Il controllo della nudità non è separabile, allora, da un controllo dell’immagine. (Tommaso Ariemma)
1 J. -L. Nancy, Corpus, a cura di A. Moscati, Cronopio Napoli 2004, pp. 70-71. 2 J. -L., Nancy, La nascita dei seni, trad. it. di G. Berto, Cortina, Milano 2007, p. 45. 3 I. Calvino, Palomar, Mondadori, Milano 2002, p. 11. 4 J. -C., Kaufmann, Corpi di donna, sguardi di uomo. Sociologia del seno nudo, trad. it. di F. Sossi, Cortina, Milano 2007, p. 9.
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