Guido
Almansi
“Ho lavorato perciò come un cane da tartufi, annusando il terreno in una spirituale quete per l’artistico fetore.” (p.VIII)
In questo libro, l’esegeta viandante (associato da Calvino agli esuberanti pellegrini chauceriani) esplora gli impervi territori dell’osceno letterario, spesso oscurati e trascurati dalla critica più benpensante. A determinare la specializzazione tematica di Almansi è la convinzione che la creazione e il consumo d’arte nascondano, dietro menzognere intenzioni catartiche e civilizzatrici, cinici impulsi sado-masochistici. Il sangue letterario non è votato a un miglioramento dell’essere umano ma piuttosto alla gratificazione dei suoi istinti violenti e lussuriosi, che il critico considera di connotazione analoga alla morbosa curiosità manifestata da Dante nella Divina Commedia (“ché voler ciò udire è bassa voglia”, Inferno XXX, v. 148). Eppure l’indifferenza morale del poeta “demiurgo” non inficia la sublime bellezza dei suoi versi, perché l’arte per essere grande non ha bisogno d’impregnarsi di inossidabili principi etici, di forti ideologie o verità, di mimetiche descrizioni del vissuto. La grandezza letteraria è da ricercare altrove: nella sua consistenza sensuale fatta di caos, parole, suoni e artifici, negli innumerevoli e stranianti processi di trasformazione dal fantastico al reale e dal reale al fantastico. La funzione dell’ambiente naturale in letteratura costituisce uno dei temi ricorrenti di questa ricerca. Particolarmente interessanti risultano le intuizioni a cui Almansi perviene analizzando alcuni brani del Decameron. Nella novella Alatiel (Decameron II, VII) il paesaggio sembra formare un mondo naturale umanizzato che procede parallelo al mondo dei protagonisti e che contribuisce alla visione-comprensione delle umane passioni e delle alterne venture. Un analogo intervento dello scenario sullo svolgimento drammatico delle vicende è riscontrabile anche nella tragica novella Tancredi e Ghismonda (Decameron IV, I). La scenografia naturale, carica di allusioni sessuali (scenografia erotica), imprime suggestioni alla narrazione, ma non impone un puntuale e rigido accostamento degli elementi della costruzione simbolica alle componenti sessuali del racconto. Nella letteratura, in cui invece lo schema simbolico è preciso ed esaustivo, il lettore diviene passivo destinatario di immagini pornografiche. È dunque grazie alla non-sistematicità, all’imperfezione, alla reversibilità delle correspondances tra il signifiant e il signifié che il fruitore d’arte prende parte attiva a un’esperienza estetica. In questo ambito argomentativo si colloca anche il saggio su Baudelaire. Il titolo, La sessualizzazione della natura, è riferito al processo simbolico (maschile), riscontrabile nelle arti figurative e in letteratura, di associazione delle forme naturali alle parti erogene del corpo femminile. A tale proposito, l’autore ricorre all’efficace formula di Marcus, “pornotopia”, per indicare la tendenza a pansessualizzare l’universo: fenomeno da lui considerato un modo spontaneo di elaborare la realtà in base a schemi archetipici. Decisamente affetto da “pornotopia” è il carnalista Henry Miller. Nel saggio a lui dedicato, Almansi individua tre tipi di romanzi: di testa, di cuore, di pancia, e colloca le opere dello scrittore statunitense nella terza categoria. C’è una letteratura in cui: “la carne trascrive se stessa direttamente sulla pagina” (p. 234). Nella prosa milleriana, così come in quella di Cèline e Malerba - e nelle pagine migliori di Moravia -, non si analizzano i meccanismi cerebrali, né si esprimono i flussi emozionali. È piuttosto l’imitazione delle sensazioni, dei movimenti e degli impulsi corporei, a trasformarsi in invenzione linguistica: suoni onomatopeici, immagini, visioni. Talvolta ne derivano situazioni comiche, esilaranti, grottesche; talaltra gli esiti sono ben diversi perché – è la tesi sottesa all’intero libro – la chair è anche tragica. Quando il vulnerabile corpo viene denudato delle costruzioni mentali, degli investimenti affettivi e dei precetti morali, quando l’atto sessuale è rappresentato nella sua cruda meccanica, allora si può scoprire che non c’è senso in nulla, che tra le gambe della donna è custodito un buco, la zerità, il vuoto: “Il carnalismo e il nichilismo sono locati in zone pericolosamente limitrofe” (p. 271).
Indice
(Sabrina Cardone)
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