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Cyborg Moves! di Andrea Bonavoglia
1. Tra Uomini, Robot e Cyborg
1.1. Intelligenti, gli Uomini
Se la nozione di intelligenza è di per sè tra le più difficili da analizzare e da circoscrivere, sembra ancora più difficile stabilire chi può essere autorizzato a parlarne, il filosofo? il medico? il matematico? Stabilire chi ne può parlare è una scelta che richiede una definizione a priori dell'oggetto stesso da definire, perchè evidentemente la valutazione di un filosofo non coinciderà con quella di un medico. Studiare l'intelligenza umana vuol dire infatti cercare di comprendere come essa nasca e come essa si manifesti attraverso un oggetto fisico, il cervello, e i suoi meccanismi di funzionamento, che non sembrano soltanto fisici. Supponendo di aver compreso tutto ciò, la possibilità di riprodurre l'intelligenza fuori dal cervello umano apparirebbe concreta. La ricerca che da oltre mezzo secolo si è avventurata in un campo così vasto, così difficile e così suggestivo, viene chiamata Intelligenza Artificiale e costituisce una premessa, se non la base stessa, dell'ambito di studi sulla post-umanità, la condizione che ha esteso ben oltre le qualità e i sensi primitivi la nostra capacità di essere nel mondo. Nel 2002 la casa editrice Apogeo pubblicava on line il mio e-book Gli androidi dipingeranno quadri elettronici?, dedicato al rapporto tra creatività e intelligenza artificiale, dal quale trarrò riferimenti ancora attuali. Il titolo di quel saggio riprendeva con una certa ironia l'originale inglese Do androids dream of electric sheep?, un romanzo di Philip Dick tradotto in italiano, banalmente, come Il cacciatore di androidi e trasformato in cinema, genialmente, come Blade Runner. Si cercava di fare chiarezza perlomeno sulla terminologia e sugli studi in corso, ma al termine dello studio le domande senza risposta, invece di diminuire, si erano moltiplicate. Oggi, quattro anni dopo, sono stati compiuti molti passi avanti, ma nessuno definitivo. Nel seguito, cercherò di rintracciare spunti, informazioni e dati in modo tale da riproporre, appunto, la moltiplicazione delle domande più che delle risposte. Credo tuttavia che sia utile sottolineare e ricordare sin dall'inizio alcune considerazioni forse banali, ma essenziali; è un dato di fatto ad esempio che l'intelligenza umana rappresenta un complesso e vario sistema di esperienza sensoriale, memoria e intuizione, ed è un dato di fatto che la tanto citata analogia tra cervello umano e processore elettronico nasce da una forzosa somiglianza tra due enti diversissimi: il primo dotato di un funzionamento elettrochimico che sfrutta una rete variabile e fittissima di connessioni, il secondo dotato di un funzionamento elettronico rigido e lineare, che simula capacità selettive solo grazie all'altissima velocità di calcolo. Proprio a seguito di simili considerazioni banali, ma anche di indizi che nel corso degli anni tendono a consolidarsi in una teoria, mi sono convinto che per molto tempo a venire i punti d'arrivo possibili all'interno della ricerca sull'Intelligenza Artificiale saranno essenzialmente due, uno consentirà agli uomini di costruire automi dotati di capacità sempre più sofisticate e articolate, ma non coscienti, e quindi non autonomi, l'altro produrrà esseri nuovi, ibridi, già vivi al momento di un intervento cibernetico che comunque li renderà sensorialmente e fisicamente diversi dall'uomo. I primi(1) sono i robot, i secondi(2) i cyborg.
1.2. Non umani, i Robot Lo scopo di costruire un congegno elettro-meccanico in grado di svolgere attività faticose, pericolose o complicate normalmente svolte da un uomo, ha condotto alla creazione di adeguato hardware, inteso come parti fisiche di mobilità e manipolazione, e di adeguato software, inteso come somma di istruzioni in grado di far funzionare l'hardware in modo più o meno umano. Si tratta di un settore tecnicamente avanzatissimo, ma non così lontano dalla nostra quotidianità; la lavatrice di casa può utilizzare programmazioni determinate dalla matematica fuzzy(3), lo scaldabagno si accende quando un termostato gli comunica che la temperatura dell'acqua è fredda, la nostra automobile tiene il minimo e apre la farfalla grazie a un chip e non a una vite di regolazione. Si tratta di comportamenti non proprio intelligenti, ma conseguenti a un'impostazione data, che simula il comportamento del nostro cervello. In informatica, l’istruzione if … then, se … allora, è tuttora fondamentale nella scrittura di qualunque algoritmo e di qualunque programma. Un robot è quindi una macchina programmabile ed è un robot anche l'androide(4), cioè quella macchina che ha la forma approssimativa di un uomo e ne simula i movimenti. La recente produzione industriale è notevole e sorprendente se confrontata con quella di pochi anni fa. Nel sito http://www.androidworld.com/ sono presentati vari androidi, spesso inquietanti per la schematizzazione proposta del corpo umano. Possono svolgere compiti difficili come sollevare pesi o manipolare oggetti pericolosi, possono pulire un giardino o una piscina, possono essere calati in una fossa o esposti nel vuoto dello spazio. Questi androidi sono in grado cioè di svolgere alcune mansioni scegliendo da soli non soltanto i modi, ma anche la mansione stessa, funzionando grazie a hardware delicati e sofisticati e a software basati su reti neurali(5). La situazione complessiva della ricerca robotica può essere verificata al sito della International Conference on Robotics and Automation http://www.icra2005.org/frontal/Presentation.asp, a quello del Golem Project http://demo.cs.brandeis.edu/golem/, ma anche in mille altri, data l'estrema popolarità dell'argomento soprattutto in America e in Giappone. Un elenco formidabile di indirizzi web specializzati si trova nel sito di uno studioso polacco, Wlodzislaw Duch, http://www.phys.uni.torun.pl/~duch/ai-ml.html. L'Intelligenza Artificiale che si occupa di programmare macchine simili ha scavalcato la grezza computazionalità dei processori matematici e ha trovato soluzioni costruendo sistemi ispirati ai neuroni e alle sinapsi del nostro cervello. Il funzionamento di queste reti non è quindi lineare, ma avviene secondo schemi sovrapposti, contemporanei e paralleli, in grado di comunicare trasversalmente e di ricordare le esperienze fatte. I processi che si compiono in una rete neurale sono pertanto più vicini agli schemi del nostro cervello e hanno la qualità di modificarsi da soli, facendo tesoro dei dati acquisiti. Dal punto di vista della progettazione e della realizzazione industriale, la complessità di simili congegni è del tutto incomprensibile a chi non vi sia impegnato direttamente, mentre il loro utilizzo è sicuramente, o meglio sarà, destinato anche ai non professionisti del settore, ad esempio gli artisti. E come per tutte le innovazioni tecniche e strumentali, gli artisti finiranno per prendere posizione, adoperando o ignorando le potenzialità rinchiuse nei nuovi mezzi. Gli androidi che dipingono quadri esistono già, e i pittori che si servono di aiutanti artificiali esistono a loro volta. L'arte elettronica, o digitale, o video-art, è di fatto ormai vecchia, e le installazioni, le sofisticate animazioni tridimensionali, le performance audiovisive sono entrate nei musei. L'arte creata dagli androidi è invece solo al principio, o almeno così sembra, e può essere sperimentata e testata da tutti scaricando sul proprio PC un programma, peraltro non recentissimo, come Aaron, uno dei primi robot pittori trasformato oggi in uno screensaver di lusso, dal sito http://www.kurzweilcyberart.com/, oppure partecipando alla singolare esperienza, in parte collettiva, proposta dall'Università Roger Williams nel Rhode Island, sul sito http://pumapaint.rwu.edu/, dove un meccanismo telecomandato trasforma in quadri i movimenti del vostro mouse.
1.3. Postumani, i Cyborg Gli androidi costituiscono, se vogliamo, una sorta di assemblaggio di tutti i pezzi anatomici artificiali per ora costruibili, ma non ne possiedono alcuna coscienza. La situazione è invece diversa allorchè una funzione umana viene svolta da una particolare macchina o quando una parte del nostro corpo viene sostituita da un elemento elettromeccanico comandato da un software, come una mano artificiale o una valvola cardiaca. Cyborg infatti è l'essere umano dotato di protesi e innesti elettronici, oppure è la macchina che ha ricevuto una coscienza umana, tramite un travaso cerebrale, come ipotizzato da Hans Moravec(6); il primo c'è già, il secondo no, anche se esistono teorie per spiegarne in anticipo i comportamenti. In America si pubblicano riviste dedicate a queste problematiche, tra cui il Journal of Evolution and Technology, una rivista on line su cui sono analizzati sistematicamente argomenti di trans-umanità, la fase di passaggio verso la condizione postumana, http://www.jetpress.org/index.html Nella letteratura e nel cinema di fantascienza i cyborg, presenti ben prima che la parola stessa venisse ufficializzata negli anni Sessanta, sono stati spesso protagonisti. Al 1928 risale un romanzo di Edmond Hamilton, The Comet Doom, dove si narra di cervelli immortali chiusi in una scatola, e negli anni successivi altri esempi sono numerosi, ma il trionfo di questi esseri avviene nelle ultime tre decadi del Novecento con film come Terminator di James Cameron, Robocop di Paul Verhoeven, Blade Runner di Ridley Scott e soprattutto con i romanzi di William Gibson. Non appaia superfluo ricordare che l'immaginazione dei grandi narratori deve essere sempre attentamente presa in considerazione, perchè essa interviene nell'immaginario di tutti, compresi gli scienziati. Un elenco considerevole, per non dire impressionante, di androidi e cyborg nel cinema si trova alla voce List of fictional robots and androids della Wikipedia on line. Ma che cos'è realmente un cyborg? Lo abbiamo definito come un uomo modificato, che possiede sensi diversi e capacità fisiche diverse rispetto alla struttura naturale, ma quando e come comincia la sua condizione? Un dente d'oro o un braccio di legno rappresentano un piccolo possibile inizio della nuova creatura, e gli studi sorprendenti sulle modifiche della corteccia cerebrale indotte dall'amputazione di un arto non sono che la conferma di quanto detto(7). Il vero cyborg tuttavia è l'essere che comprende qualcosa di migliore del pezzo originale, se non addirittura un pezzo del tutto nuovo, tale da ampliarne la natura; inoltre, in modo collettivo, siamo stati tutti modificati dall'avvento di strumenti sensoriali come il telefono, la telecamera, l'automobile. In tempi in cui si parla spesso e a sproposito di modifiche genetiche e biologiche, la scelta se creare esseri ibridi come i cyborg è evidentemente etica, e quindi politica. Nel 2002 scrivevo, e nel 2006 credo di poter ribadire, che “la pecora Dolly, clone di una pecora normale, viene percepita dalla pubblica opinione come artificiale, anche se è del tutto naturale come organismo; l’innesto su Dolly di un dispositivo informatico, ad esempio un chip di espansione della memoria nel cervello, potrebbe essere accettato molto meglio, a livello etico, dell’equivalente operazione sulla pecora “normale”. La strada della sperimentazione in questo campo è aperta e vastissima e potrebbe, tra non molto, diventare la strada maestra di una ricerca avveniristica, radicale, forse pericolosa, forse definitiva”.
2. Tocca al Cyborg! 2.1. L'arte della simulazione “Siete soli nella stanza, se si eccettuano due terminali di computer baluginanti nella penombra. State usando i terminali per comunicare con due entità che si trovano in un'altra stanza e che non potete vedere. Con l'unico riferimento delle risposte alle vostre domande, dovete decidere [...] chi è umano e chi la macchina. [...] Se non riuscite a distinguere la macchina intelligente dall'essere umano intelligente, il vostro fallimento prova, riteneva Turing, che la macchina è in grado di pensare.” La formulazione del celebre test di Alan Turing, padre dell'informatica, nell'efficace sintesi di Katherine Hayles (8) ritiene fattibile la costruzione di una macchina in grado di pensare. Ciò presuppone che pensiero e cervello siano la stessa cosa, come affermò a suo tempo Bertrand Russell, e in effetti su questa strada si sono mossi tutti gli eredi e gli epigoni del geniale matematico inglese. Abbiamo detto che costruire un cervello non organico è lo scopo dell'Intelligenza Artificiale, oggi un settore di quasi inconcepibile complessità. Per secoli la ragione e la coscienza sono stati oggetto dello studio dei filosofi o dei teologi, mentre gli scienziati non si addentravano in un ambito ritenuto estraneo tanto alla fisica quanto alla medicina. Dopo il trionfo del Positivismo la distanza tra un pensiero ritenuto volatile, legato all'idea di spirito, e un'attività fisica rappresentata dall'oggetto cerebrale, è stata improvvisamente accorciata, quasi annullata. Chi sostiene che un cervello artificiale in grado di comportarsi come quello di un uomo sarà di fatto equivalente al modello, sostiene la teoria dell'Intelligenza Artificiale forte, detta anche funzionalista o computazionale. Quando, nel 1997, un computer opportunatamente programmato sconfisse a scacchi il campione del mondo, evento considerato impossibile solo pochi decenni prima, si gridò alla nascita di un'effettiva nuova entità, una macchina che sa pensare. L'analisi del comportamento del computer-giocatore ci porta a capire molto su quest'argomento, e per certi versi può addirittura dimostrare il contrario di quanto presupposto; infatti, il software che guida il computer-giocatore analizza migliaia di eventualità nel futuro possibile del gioco e ne sceglie una sulla base di considerazioni pressocchè aritmetiche. Il comportamento di questo cervello che gioca a scacchi è coerente con quanto detto poc'anzi, altissima velocità su un terreno seriale e computazionale; il giocatore umano muove i pezzi invece analizzando il futuro a una velocità enormemente inferiore, ma utilizzando memoria, esperienza e intuito. Sono di fatto due mondi diversi, perché è solo il risultato finale a essere simile, non certo il modo in cui è stato prodotto. Chi ritiene sufficiente la somiglianza del risultato per definire intelligente un congegno elettronico, sta con freddezza sottraendo la nozione di coscienza dalla definizione di intelligenza e la fisicità umana da quell'insieme corpo-pensiero che siamo abituati a chiamare individualità. Del resto, appartiene a queste posizioni radicali la ricerca dell'immortalità, ottenibile tramite l'ipotetica possibilità di travasare una mente da un supporto all'altro, e togliendo quindi ogni funzione intellettiva al supporto stesso. In Internet vengono sistematicamente tentate delle applicazioni del test di Turing, attraverso programmi che dialogano con gli utenti e cercano di apparire umani, nonostante i loro argomenti siano composti da tracce di discorso evidentemente precomposte, e sempre in rete si può verificare il funzionamento dei software che traducono testi scritti in una lingua in un'altra. Sono stati creati nomi per i robot che recitano parti umane, Agents, Avatars, Bots, Virtual Humans, ma per ora i risultati sono decisamente inferiori alle attese e dimostrano l'estrema difficoltà di riprodurre e di elaborare le prerogative umane, tra le quali il linguaggio è con ogni evidenza fondamentale. Si provi in diretta l'esperienza di parlare con un robot, collegandosi a siti come iGod http://www.titane.ca/concordia/dfar251/igod/ e http://www.oliverbot.com/. Sono esperienze emotive, stranianti ed in ultima analisi estetiche, come gran parte delle navigazioni in rete del resto, perchè l'arte stessa rientra nel concetto di simulazione. A teatro la simulazione è parte integrante della creazione artistica e nelle arti visive è rilevante, anche se non sempre altrettanto evidente: il gioco di far credere vero qualcosa che in partenza è falso rientra nei trucchi visivi della prospettiva, dei colori, delle linee e dei materiali. L'arte è quasi sempre impregnata di simulazione, in particolare quando oltrepassa le nostre difese emozionali e ci coinvolge, facendoci piangere, ridere, sognare, disperare per qualcosa che in realtà non avviene, ma che noi siamo disposti, in quel momento, a far finta che avvenga, esattamente come nella dimensione virtuale introdotta dall'informatica e da Internet.
2.2. Postumanità La condizione postumana è quella in cui si ritiene possibile, o si dà addirittura per avvenuto, la nascita di un essere che è tanto umano quanto elettronico. Oltre all'umanità, quest'essere possiede una macchinicità, perché nella sua costituzione sono penetrati oggetti non biologici, come organi artificiali o protesi metalliche, siliconiche e plastiche o perché i suoi sensi si sono enormemente estesi grazie a telecamere, microfoni, sensori, tastiere, che introducono nelle sue conoscenze dati appunto extra-sensoriali. Post-human è allora la cultura di un'umanità che non è più umanità al cento per cento, ma ha ceduto parte delle sue caratteristiche a uno o più congegni non-biologici, traendone vantaggio. La nascita del concetto è artistica, e sono stati artisti, tra cui Robert Pepperell autore del fondamentale “Posthuman manifesto” del 1995(9), a delineare una strada poi percorsa da pensatori e studiosi come Donna Haraway, N. Katherine Hayles, Peter Sloterdijk, Shannon Bell. La corrente artistica postumana è nata prima del movimento concettuale che si è dato questo nome, infatti il termine fu coniato nel 1991 da Jeffrey Deitch per una mostra collettiva a New York. Alcuni artisti, tra cui Cindy Sherman, Robert Gober, Georg Lappas, Mike Kelley, diedero vita a un movimento che riprendeva in parte le idee della Body Art e che aveva tra le sue fonti di ispirazione il romanzo Crash, pubblicato da J. G. Ballard nel 1973, ma ne esasperava le tendenze autoriflessive. L'aspetto tecnologico era limitato ad alcuni casi, come le trasformazioni cyborg di Stelarc, mentre risultava di maggior impatto emotivo ed espressivo la manipolazione continua e spesso violenta del corpo stesso dell'artista. Postumane erano le chiavi stilistiche di ibridazione o trasformazione e postumano era il corpo dell'artista, modificato chirurgicamente nel caso celebre di Orlan ad esempio, ma la tendenza allo studio e alla relazione con la scienza e con la tecnologia non erano che una traccia di lavoro ancora allo stato di abbozzo. Marco Belpoliti(10), riprendendo Roberto Marchesini, classifica in tre categorie i teorici del postumano: “i transumanisti, come Moravec, More, Chislenko, per cui “il corpo va smontato e riprogrammato per facilitarne la sostituzione con altri sostrati tecnologici”; gli iperumanisti, come Lévy, de Kerckove, Stelarc, per i quali “il corpo va rafforzato attraverso l’innesto di nuove potenzialità percettive e operative e grazie a una riconfigurazione che lo renda maggiormente controllabile; e i postumanisti, come Haraway, Kelly, Deitch, secondo cui invece “il corpo va reso accessibile, immerso cioè in una temperie postfordista che considera superata ogni pretesa di possesso sul corpo in nome della libera coniugazione del corpo del mondo”. L'arte postumana possiede alcuni presupposti di riconoscibilità(11), ma se ci riferiamo al senso strutturante di un'arte che si appropria delle qualità postumane come le abbiamo individuate, e diventa ricerca, ci troviamo forse solo alla fase iniziale. Nel sito Transhumanities, http://www.aleph.se/Trans/index-2.html, si legge: “L'arte transumanista è stata definita da Natasha More come un'arte basata su princìpi, visioni, mete e sentimenti transumani. Essa è in genere ottimista, creativa, combina intelligenza ed emozione in modo imprevedibile e guarda in avanti piuttosto che all'indietro. Di particolare importanza è il settore dell'automorfismo, il cui scopo è creare trasformazioni-di-sè e la vita stessa dentro l'arte. L'arte transumanista d'altro canto non va confusa con l'arte tecno o futurista, cui si sovrappone”. (12)
2.3. Dal postdigitale al cyberspazio In un contesto storico in cui post-modern, post-biological, post-human, sono diventate parole d'uso comune nella ricerca culturale, il termine post-digital apparso nel 2000 nel titolo di un libro di Michael Punt e ancora Robert Pepperell, “The Postdigital Membrane” e in seguito ripreso da artisti, musicisti e ricercatori, suona come conseguente, quasi aspettato o, meglio, non inaspettato. Se tutto è da qualche anno digitale, anche il superamento di tale condizione può essere sin d'ora previsto e preventivato, nel vortice quasi incontrollabile dell'innovazione tecnologica e terminologica. Ma come si può immaginare che un'epoca ancora in pieno sviluppo e fermento come quella digitale, o elettronica, sia già superata? In immense aree del pianeta Terra il boom dell'elettronica deve ancora vedere la luce, comprese innumerevoli sacche di arretratezza entro i confini dei paesi più avanzati tecnologicamente, laddove un frigorifero e il televisore rappresentano spesso il massimo livello di tecnologia domestica. L'obiezione è fondata, ma non ci si può dimenticare che l'attuale velocità di sviluppo ha eliminato i concetti di tappa obbligata e di continuità, creando di fatto le premesse per un progresso a salti, discontinuo non per assenze ma per definizione. In alcuni paesi dove non ci sono, o sono carenti, le linee telefoniche terrestri, è inevitabile che vengano oggi impiantate antenne per la telefonia mobile, saltando quindi di fatto l'esperienza occidentale del telefono fisso, di casa o dell'ufficio; in altri paesi, anche avanzati, è possibile notare passaggi più o meno veloci da un sistema a un altro, come i collegamenti analogici e quelli DSL in Internet, determinati da fattori di assorbimento del mercato molto più che dalle effettive necessità. Secondo Pepperell, evidentemente studioso appassionato dei superamenti epocali, la nuova cultura dovrà costituirsi in una sorta di “osmosi tra tecnologia, immaginazione e desiderio”, mettendo in evidenza come il rapporto tra arte e scienza, tra creatività e tecnica, tra l'emisfero cerebrale destro e quello sinistro, stia nel cuore di questo discorso. Il Novecento è stato politicamente un secolo breve e terribile, ma culturalmente anche un secolo di divisione tra gli umanisti e gli scienziati; i settori in cui si possa cercare un punto di riferimento per auspicare il ricongiungimento, nel nome di Platone o di Kant, tra i due mondi, infatti, non sono molti. Di questi, il principale resta sicuramente la psicoanalisi freudiana, cui si può forse aggiungere il contatto tra tecnologia e creatività messo in atto dal Disegno Industriale, che dal Bauhaus in poi ha fornito una prospettiva estetica alla produzione seriale, e lo scambio proficuo tra scienza e umanesimo realizzato dall'affermazione planetaria di Internet, che ha costretto anche filosofi e poeti ad occuparsi di computer e ad utilizzare gli strumenti informatici per la diffusione e la costruzione della cultura. Di fatto, Internet è, o appare, postdigitale nel senso che sfrutta profondamente elettronica e informatica ottenendo risultati estesi a qualunque ambito delle attività umane. Rappresenta qualcosa di assolutamente nuovo nella storia della civiltà e la sua natura di luogo virtuale alimenta una forte capacità di fascinazione; anche se l'aspetto commerciale, che non rientrava nelle premesse sostanziali alla nascita del sistema, ha in parte inficiato il senso della comunicazione in rete, la possibilità di fare tecnica, di fare ricerca e di fare arte non collateralmente a Internet, ma dentro Internet, sta oggi trovando concretezza. La nascita di uno scenario nuovo richiede anni per trovare chi sa servirsene e ancora più tempo per individuare chi sa giocarci dentro; la fotografia ad esempio fu accolta sùbito come strumento utile, ma fu accettata come forma artistica solo alcuni decenni dopo la sua invenzione. Il modello del Web viene tuttora analizzato e discusso come un modello nuovo per la conoscenza, e la rete come un immenso organismo composto da milioni di variabili, dentro il quale la comunicazione si svolge secondo schemi non lineari, di natura ipertestuale, sorprendentemente simili a modelli psichici più che matematici. Le simulazioni robotiche e la virtualità di Internet dovrebbero a questo punto apparirci meno remote, meno avveniristiche, meno finte in definitiva, se ci renderemo conto che siamo solo al principio, che la nostra immersione nel cyberspazio di Gibson sta cominciando adesso, che la nostra vita reale, quando l'immersione sarà completa, non si distinguerà più dalla vita virtuale e che sia io sia voi saremo diventati cyborg a tutti gli effetti.
3. Percorsi 3.1. Tra libri e siti web 3.1.1. Libri (in ordine alfabetico per autore) William Bechtel, Filosofia della mente, Il Mulino, Bologna, 1999. Oscar Bettelli, Modelli computazionali della mente, Carabba Editore, Lanciano, 2002. Andrea Bonavoglia, Gli androidi dipingeranno quadri elettronici?, Apogeo, Milano, 2002 (e-book gratuito in formato pdf) Edoardo Boncinelli, Il cervello, la mente e l'anima, Mondadori, Milano, 1999. Antonio Caronia, Il Cyborg. Saggio sull'uomo artificiale, Shake edizioni, Milano, 2001. Antonio Caronia, Il corpo virtuale. Dal corpo robotizzato al corpo disseminato nelle reti, Franco Muzzio, Padova, 1996. David Chalmers, La mente cosciente, McGraw-Hill, Milano, 1999. Felice Cimatti, Il senso della mente. Per una critica del cognitivismo, Bollati Boringhieri, Torino, 2004. Edward De Bono, Il meccanismo della mente. Come il cervello diventa mente, Rizzoli, Milano, 2002. Derrick deKerckhove, Brainframes, Baskerville, Bologna, 1993. Mark Dery, Velocità di fuga, Feltrinelli, Milano, 1997. Michele Di Francesco, Introduzione alla filosofia della mente, Nuova Italia Scientifica, Bologna, 1996. Roberto Esposito, Bìos. Biopolitica e filosofia, Einaudi, Torino, 2004. Dario Ettari, Teorie della mente. Che cosa succede quando pensiamo, Esselibri, Napoli, 2001. Carlo Formenti, Incantati dalla rete, Raffaello Cortina, Milano, 1999. Francis Fukuyama, L'uomo oltre l'uomo, Mondadori, Milano, 2002. Giacomo Gava, Mente cervello. Una bibliografia essenziale del XX secolo, Il Poligrafo, Padova, 2000. Jurgen Habermas, Il futuro della natura umana, Einaudi, Torino, 2002. Donna Haraway, Manifesto cyborg, Feltrinelli, Milano, 1995. N. Katherine Hayles, How We Became Posthuman: Virtual Bodies in Cybernetics, Literature, and Informatics, University of Chicago Press, Chicago, 1999. Douglas R. Hofstadter - Daniel C. Dennet, L'Io della mente. Fantasie e riflessioni sul sé e sull'anima, Adelphi, Milano, 1985. James Hughes, Citizen Cyborg, Westview Press, Boulder, 2004. N. Humphrey, Una storia della mente, Instar Libri, Torino, 1998. Ray Kurzweil, The age of the spiritual machines, Penguin Books, New York 2000. Timothy Leary, Caos e cibercultura, Apogeo, Milano, 1995. Giuseppe O. Longo, Homo technologicus, Meltemi, Roma, 2001. Giuseppe O. Longo, Il simbionte, Meltemi, Roma, 2003. Roberto Marchesini, Post-human. Verso nuovi modelli di esistenza, Bollati Boringhieri, Torino, 2002. Hans Moravec, Mind Children: The Future of Robot and Human Intelligence, Harvard University Press, Harvard, 1990. Ramez Naam, More Than Human, Broadway Books, New York, 2005. Sandro Nannini, L'anima e il corpo. Un'introduzione storica alla filosofia della mente, Roma-Bari, Laterza, 2002. Alberto Oliverio, Biologia e filosofia della mente, Laterza, Roma-Bari, 1995 Regina Pally, Il rapporto mente-cervello, Fioriti, 2003. Alfredo Paternoster, Introduzione alla filosofia della mente, Laterza, Bari, 2002. Vilayanur S. Ramachandran, Che cosa sappiamo della mente, Mondadori, Milano, 2006. Patricia Smith Churchland - T. J. Seinovskj, Il cervello computazionale, Il Mulino, Bologna, 1996 Mark Solms, Il cervello e il mondo interno, Cortina, Milano, 2004. Eugene Thacker, Biomedia, University of Minnesota Press, Minneapolis 2004. Paul Thagard, La mente. Introduzione alla scienza cognitiva, Guerini e Associati, 1998 Paul Virilio, La bomba informatica, Raffaello Cortina, Milano, 2000. Naief Yehya, Homo cyborg. Il corpo postumano tra realtà e fantascienza, Elèuthera, Milano, 2004.
3.1.2 Siti web William Gibson – testi completi on line : Count Zero http://project.cyberpunk.ru/lib/count_zero/ Mona Lisa Overdrive http://project.cyberpunk.ru/lib/mona_lisa_overdrive Neuromancer http://project.cyberpunk.ru/lib/neuromancer/ David Porush, The rise of cyborg culture or the bomb was a cyborg http://www.pum.umontreal.ca/revues/surfaces/vol4/porush.html Rassegna stampa a cura dello SWIF http://lgxserver.uniba.it/lei/rassegna/ces.htm Sito personale di Hans Moravec http://www.frc.ri.cmu.edu/~hpm/ Antologia di testi http://www.intercom.publinet.it/2001/frwebtl.htm Elenco di androidi http://en.wikipedia.org/wiki/List_of_fictional_robots_and_androids Costruzione di robot http://www.lira.dist.unige.it/babybotmain.htm Il mondo degli androidi http://www.androidworld.com/ Il robot parlante (si chiama iGod) http://www.titane.ca/concordia/dfar251/igod/ Un robot legge quello che scrivi http://www.research.att.com/projects/tts/demo.html A.L.I.C.E. http://www.alicebot.org/ Alan Turing, Computing Machinery and Intelligence http://cogprints.ecs.soton.ac.uk/archive/00000499/00/turing.html Giuseppe Bonaccorso, Modelli Classici e Modelli Neurali http://www.neuroingegneria.com/art/Giuseppe Bonaccorso - Modelli Classici e Modelli Neurali Ugo Chirico, Una colonia di formiche Artificiali http://www.neuroingegneria.com/art/Ugo Chirico - Una colonia di formiche Artificiali Alchymeia, 1998 Winter Olympics Ice Art Festival, Karuizawa Japan http://www.dxarts.washington.edu/shawnx/alchymeia/Alchymeia1.html Ecce Homology http://www.insilicov1.org/ Exploring the Posthuman through Science Fiction Betterhumans News http://www.betterhumans.com/News/392/Default.aspx N. Katherine Hayles, How We Became Posthuman, prologue http://www.press.uchicago.edu/Misc/Chicago/321460.html
Mediazone,
Magazine di Comunicazione e Media
Networks, rivista di filosofia dell'intelligenza artificiale e scienze cognitive http://lgxserve.ciseca.uniba.it/lei/ai/networks/ Dynamic Web Winter 2003 http://classes.design.ucla.edu/Winter03/161B/ Post-Human, Guida di SuperEva http://guide.supereva.com/arte_moderna/interventi/2004/05/158639.shtml Posthuman Manifesto Contents http://www.stem-arts.com/Posthum/cont.htm Robert Pepperell http://www.stem-arts.com/index.shtml Sul Postumano http://www.geocities.com/SoHo/Square/3035/sulpostumano.htm The Postdigital Membrane http://www.postdigital.org/ Representations of Ecocide in Blade Runner and Neuromancer http://project.cyberpunk.ru/idb/post-humanism_and_ecocide.html Robots nella rivista Wired http://www.wired.com/wired/archive/13.06/nextfest.html?pg=3 The 50 Best Robots Ever http://www.wired.com/wired/archive/14.01/robots.html The Humanoid Race http://www.wired.com/wired/archive/12.07/race.html?pg=1 The project http://www.lira.dist.unige.it/babybotmain.htm The Ultimate Danger http://www.fondazionebassetti.org/06/collaborate/000282.htm World's greatest android projects http://www.androidworld.com/prod01.htm Arte postdigitale http://www.cranbrookart.edu/museum/postdigital.html Transhumanist Art Statement http://www.transhumanist.biz/extropic.htm
3.1.3. Note con ritorno automatico al testo 1- Come ormai risaputo, il termine robot deriva dalla lingua ceca, in particolare da un romanzo di Karel Capek 2- Cyborg sta per cybernetic organism 3- La matematica fuzzy (sfumata) utilizza complessi sistemi di calcolo, allo scopo di evitare la troppo netta distinzione tra zero e uno che può determinarsi nelle applicazioni pratiche dei calcoli su base binaria 4- Androide deriva dal greco, e vuol dire simile all'uomo 5- Le reti neurali sono state teorizzate ai tempi della II guerra mondiale, ma sono diventate realtà a partire dagli anni Novanta 6- Hans Moravec è professore presso il Robotics Institute della Carnegie Mellon University di Pittsburgh (vedi il paragrafo 3. Percorsi) 7- Una descrizione efficace delle modifiche alla corteccia cerebrale è contenuta nel testo Che cosa sappiamo della mente di Ramachandran Vilayanur S., Mondadori, Milano, 2006 8- Dal prologo al testo How we became posthuman di N. K. Hayles (vedi il paragrafo 3. Percorsi). Originale inglese: "You are alone in the room, except for two computer terminals flickering in the dim light. You use the terminals to communicate with two entities in another room, whom you cannot see. Relying solely on their responses to your questions, you must decide which is the man, [...] which the machine. [...] If you cannot tell the intelligent machine from the intelligent human, your failure proves, Turing argued, that machines can think." (cfr. in questo numero di Kainos) 9- The Posthuman Manifesto (vedi il paragrafo 3. Percorsi) 10- Marco Belpoliti, Lunga vita alla nuova carne!, in Elephant Castle, 2004; per Roberto Marchesini vedi il paragrafo 3. Percorsi 11- Tendenze siffatte potrebbero apparire sotterranee o semiclandestine, ma hanno una loro capacità invasiva, o forse semplicemente riflettono e sono riflesse da certi comportamenti giovanili di devianza; si pensi al proliferare di tatuaggi e piercing nelle ultime generazioni, immagini viventi del trionfo di una corporeità narcisistica ed esibita, coerente con i presupposti di un'identità tra arte e vita. 12- Originale inglese: "Transhumanist art has been defined by Natasha More as art that is based on the transhumanist principles, visions, goals and sentiments. It is in general optimistic, creative, combining intelligence and emotion in unexpected ways and is future-directed instead of backward-looking. Especially important is the automorphism sub-movement, which seeks to make self-transformation and living itself into art. On the other hand it should not be confused with techno and futurist art, which it overlaps with".
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