Zygmunt
Bauman, Amore Liquido,
Roma - Bari, Laterza, 2004, pp.220, ISBN 8842070882,
Euro 16,00
Uno
dei tratti più impressionanti dell’attuale fase della modernità
è che non vi è più nulla di solido o, per meglio
dire, la liquidità come un processo continuo di decomposizione
sembra così essere la mobile icona del mondo globalizzato.
I
poteri di liquefazione sono davvero impressionanti e non lasciano scampo
come ad esempio la permanenza della transitorietà, la cancellatura
irreparabile della storia, la rapidità con cui cambiano i conflitti,
con cui si dissolvono i legami sociali.
Zygmunt
Bauman, uno dei maggiori sociologi viventi, polacco di origine, come
è noto, ha coniato la metafora della liquidità in un celebre
libro di qualche anno fa, uscito in Italia per Laterza, Modernità
liquida; e ora è in libreria, Amore liquido, che è
una sorta di prosecuzione e di sviluppo del discorso sulla società
liquido-moderna. Questo saggio affronta il tema della precarietà
dell’esistenza e del disfacimento dei legami tra gli individui
ma anche tante altre questioni. Nulla è più visibile da
una parte sola, la perdita di senso e di orientamento accompagna gli
sguardi degli amanti che vedono mondi diversi, ove nessuna direzione
è più marcata di un’altra: “…l’effimero
che/stranamente ci riguarda. Di noi, i più effimeri. Una volta/ogni
cosa soltanto una volta. Una volta e non più. E anche noi/ una
volta. Mai più…”. I possenti versi rilkiani della
IX Elegia duinese ci ricordano l’ineffabile, liquido, legame
dell’uomo con le cose del mondo, rivelano l’acuta diagnosi
di un’umanità senza più diritti, senza più
passioni realizzabili, priva ormai della capacità di scegliere,
esposta al dominio quotidiano dell’alienazione.
Anche
le relazioni personali, i legami sociali tendono a dissiparsi, a disgregarsi,
sempre più revocabili, sempre più effimeri. Tuttavia,
per Bauman, siamo in presenza di “un’inedita fluidità,
fragilità e intrinseca transitorietà che caratterizza
tutti i tipi di legame sociale che solo fino a poche decine di anni
fa si coagulavano in una duratura, affidabile cornice entro la quale
era possibile tessere con sicurezza una rete di interazioni umane”(p.126).
Lo stato magmatico dei legami personali e sociali produce un individuo
afflitto dalla solitudine, egoista ed egocentrico, che vive nel tempo
del non più e del non ancora, vede l’altro
come un’antagonista, scava trincee, tende imboscate, perché
è costretto a muoversi in un gelido mondo neo-darwiniano.
Stiamo
vivendo - avverte Bauman - una nuova fase della modernità all’insegna
del principio della sopravvivenza che spazza via la fiducia, la compassione,
la pietà e prelude ad un gorgo di smarrimenti e stordimenti dove
uomini e donne si scoprono dilaniati tra il vuoto esterno e lo svuotamento
interiore.
Non
c’è “gabbia d’acciaio” che regga; la
modernità liquida è pervasiva, vischiosa, penetrante e
disintegra tutto ciò che tocca, raccomanda “mantelline
leggere e aborre le gabbie di ferro”, intacca la solidarietà
umana,“la prima vittima dei trionfi del mercato dei consumi”.
Ed è il consumismo, cioè il ritmo del susseguirsi di acquisti,
che trasforma geneticamente l’homo faber della fase solida
della modernità nell’homo consumans della fase liquida;
quest’ultimo, disorientato da mille cartelli stradali e cooptato
dai messaggi che si rincorrono freneticamente sul display del telefono
cellulare è “l’unico punto stabile nell’universo
degli oggetti in movimento” (p.83).
L’esito
di questo processo è preoccupante perché radicalizza l’atomizzazione
sociale e genera forme inedite di individualismo e di xenofobia ma il
fenomeno più grave è l’espropriazione dell’agire
in comune ripiegato sempre più “sugli affari che sono a
portata di mano, su questioni locali e su rapporti circoscritti”
(p.139).
In
altri termini, le città globali si stanno trasformando in veri
campi di battaglia su cui poteri globali, identità locali, mixofobia
e xenofobia si incontrano e si scontrano al fine di rabberciare soluzioni
locali a contraddizioni globali.
Bauman,
anche in questo saggio, che si snoda intorno a quattro capitoli (Innamorarsi
e disamorarsi, Dentro e fuori la cassetta degli attrezzi della socialità,
sulla difficoltà ad amare il prossimo, Aggregazione smantellata
) segnala i pericoli crescenti della società liquido-moderna
che si riassetta come un’enorme discarica di rifiuti che invadono
il nostro mondo.
Ma
quello che inquieta è che si tratta soprattutto di rifiuti umani
(i non luoghi dei campi profughi recintati nel ricco Occidente
o il surplus di umanità che sopravvive in ampie parti del globo)
che la globalizzazione capitalistica attrae ed espella.
Chissà
che non valga la pena – è l’invito dell’autore
ai suoi lettori in alcune belle pagine del libro – riprendere
in mano il vecchio Kant, quello della Pace Perpetua, che meditò
sul fatto che tutti noi abitiamo e ci muoviamo sulla superficie della
terra e non abbiamo altro luogo in cui andare, destinati come siamo
a restare per sempre in reciproca compagnia e immaginò un mondo
meno liquido e più solido per un viaggio, ‘non utopico’
verso “l’unità universale del genere umano”.
(Aldo Meccariello)