Slavoj Zizek, Benvenuti nel deserto
del reale. Cinque saggi sull’11 settembre e date simili,
Meltemi editore, Roma 2002, pp. 164, ISBN 8883530853, € 13,00.
Benvenuti nel deserto del reale
non è solamente una frase estrapolata dal celebre film dei fratelli
Wachowsky, "Matrix", ma rappresenta un invito rivolto al lettore
da parte di Slavoj Zizek, a guardare alla realtà contemporanea
, così come ci viene descritta dai media dell’informazione, dalla
pubblicità e dai films, con l’occhio critico di chi vuole mettere
in crisi tutte quelle "ideologie", sia quella neoliberista
che quella sedicente progressista, che vorrebbero rappresentarci o nasconderci
la realtà stessa.
Sotto questo aspetto, allora, tutto
il libro si struttura in una serie di rimandi incessanti attraverso
i quali l’autore muove una critica sensata e puntuale ad alcune figure
della nostra contemporaneità, come ad esempio l’ideologia statunitense,
nel modo in cui si è venuta sviluppando dopo i fatti dell’undici
settembre, o ancora il progetto multiculturale di società come
proposta politica progressista; accanto a questa pars destruens,
Zizek ci offre una parte propositiva e di risoluzione delle problematiche
che vengono analizzate nel corso di questo testo.
La critica zizekiana prova a mettere
in luce il fondamentale dualismo che costituisce, in fondo, la spina
dorsale della maggior parte delle proposte politiche dei nostri giorni;
ciò è molto chiaro nel caso appena citato della politica
nord americana; basti pensare all’assunto fondamentale dell’amministrazione
statunitense nella sua lotta al terrorismo, assunto che recita come
un barbaro aut-aut, o con noi o contro di noi; in tal modo, evidentemente,
non si lascia nessuno spazio ad alcuna analisi diversa, o alternativa,
e addirittura si elimina la possibilità stessa di poter criticare
le proposte fatte in quanto, in questo modo, si passa dalla parte del
"nemico", e dunque si viene intrappolati nel dualismo stesso
che si vorrebbe eliminare.
Nel caso del progetto multiculturale,
così come viene interpretato nelle società liberali, l’altro
che si vorrebbe rispettare e tutelare, e dunque il negro, il cinese
o il musulmano, lo si rispetta e assimila a patto di deprivarlo delle
caratteristiche che lo definiscono come altro; riguardo questo
problema, l’autore rintraccia, dietro questo atteggiamento falsamente
rispettoso, la volontà di bandire dalle nostre società
ogni antagonismo "verticale", quello che si instaura tra la
base e il vertice della società, che rischierebbe
di frammentare e destabilizzare la società stessa, e sostituire
questo conflitto "nell’idea completamente diversa delle differenze
orizzontali con le quali dobbiamo imparare a convivere"(1).
Allora, il tentativo palese di queste proposte ‘multiculturali’ è
quello di sublimare il conflitto sociale riducendolo ad un problema
di differenze prettamente culturali.
Gli strumenti teorici di cui si avvale
l’autore in questa opera di critica e nella ricerca di alternative valide,
per una via d’uscita dal dualismo che caratterizza le posizioni sopra
citate, sono molteplici e rappresentano sicuramente il fascino e la
bellezza di questo breve saggio.
Troviamo nel testo zizekiano dei riferimenti
alla psicoanalisi lacaniana, attraverso la quale viene interpretata,
ad esempio, la figura del terrorista che assurge il ruolo di male assoluto,
quale strumento del terrorismo globale, che si contrappone alla nostra
società occidentale; proprio questa figura rappresenta il "doppio
osceno", il lato indicibile che la nostra società produce
con il suo modo di produzione, ma di cui non può accettare l’esistenza
se non scaricando e addebitando quanto di nefasto e negativo noi produciamo
nella figura dell’altro, il terrorista appunto, pronto a distruggere
la nostra società; figura questa che evoca il "grande altro"
di lacaniana memoria.
L’altro strumento fondamentale di cui
si serve Slavoj Zizek in questa opera incessante di ricerca della verità
è la dialettica, questo strumento obsoleto ormai non più
di moda , o meglio l’autore si serve del concetto di totalità
così come lo possiamo ricavare da un’analisi dialettica della
realtà; questo punto rappresenta indubbiamente uno degli aspetti
più interessanti di questo scritto, in quanto proprio l’analisi
dialettica della realtà ci permette, tra l’altro, di sfuggire
a quel dualismo che abbiamo rintracciato nelle analisi "ufficiali"
della realtà contemporanea; ecco come argomenta l’autore: "L’unica
soluzione ragionevole consiste nel respingere questa stessa opposizione
e nell’adottare contemporaneamente tutte e due le
prospettive, il che può avvenire solo se ci appelliamo alla categoria
dialettica della totalità"(2).
Se noi, allora, applicassimo questo
schema alla realtà contemporanea e, ad esempio, analizzassimo
l’ideologia statunitense usata nella guerra al terrorismo e il suo apparente
contrario, rappresentato dalla rete terroristica internazionale, ne
potremmo ricavare l’idea che ambedue queste forme rappresentano, nel
loro intrinseco fondamentalismo, gli aspetti di una realtà più
complessa che possiamo rintracciare nel capitalismo contemporaneo, e
dunque il loro antagonismo si rivela come la lotta per garantirsi la
sovranità sullo stesso; collegato a questo argomento, che potremmo
definire il potere e il suo lato osceno, l’autore ci propone l’analisi
di un famoso film di F.F. Coppola, Apocalypse Now, in cui questa
dinamica è chiaramente espressa.
È più che mai evidente
che il compito assolto da questo breve saggio, è quello di un
incessante lavoro di distruzione delle mistificazioni della realtà
alle quali siamo soggetti tutti quanti noi, e che proprio partendo dalle
immagini della realtà, oggetto che per l’autore sloveno caratterizza
la nostra contemporaneità in quanto " ..è stata l’esperienza
diretta del reale in quanto opposto alla realtà sociale quotidiana"(3),
che prende le mosse la sua azione distruttrice, portandoci a delle inedite
conclusioni circa il valore e il significato della realtà stessa.
La realtà allora, viene interpretata,
con l’apporto duplice e della dialettica e della psicoanalisi lacaniana,
attraverso le quali possiamo azzardare un’analisi dialettica che comprenda
il reale, la fantasia umana e la realtà, che ci porta a capire
il modo con il quale il reale, attraverso la fantasia, viene incorporato
nella nostra realtà quotidiana: "è molto più
difficile riconoscere nella realtà ‘reale’
la parte di finzione piuttosto che denunciare o smascherare in quanto
finzione la realtà"(4).
La parte di ‘finzione’ che è
incorporata nel reale, come dimostrano quelle pubblicità che
sponsorizzano alimenti deprivati dalle loro caratteristiche costitutive,
ad esempio il caffè senza caffeina, rappresenta precisamente
la strategia definitiva che ci permette di discostarci definitivamente
da tutto quel lato osceno, indicibile e negativo che è rappresentato
dal reale stesso: un bel paradosso questo, per una società che,
attraverso i suoi media, vorrebbe proporci l’immagine obbiettiva della
realtà; di nuovo allora, il compito che svolge questo saggio
è proprio quello di far intravedere il lato negativo, osceno,
della realtà quotidiana, quella parte della nostra vita e dei
nostri rapporti sociali che costantemente vengono misconosciuti dalle
infinite immagini della realtà, immagini che, come abbiamo già
accennato, generano l’idea e l’effetto di irrealtà, proprio perché
scorrono veloci sullo schermo, come un film: "questo è stata
l’immagine irresistibile del collasso delle torri
del WTC: un’immagine, un’apparenza….che trasmetteva la cosa in sé"(5).
Benvenuti nel deserto del reale è,
in conclusione, sicuramente uno scritto provocatorio, la cui funzione
è, chiaramente, quella di risvegliare la capacità critica
dei suoi lettori, una capacità che viene messa in seria difficoltà
proprio dal fondamentale dualismo che caratterizza l’analisi "ufficiale"
della nostra contemporaneità, così come la percepiamo
dai media e dalle pubblicità; ma questa analisi critica, che
percorre tutto il saggio, è finalizzata anche a spronare il lettore
ad una attività positiva nel mondo, attività che prende
la forma positiva dell’azione, o meglio, dell’azione etica, la sola
che permette di rompere il circolo vizioso nel quale ci
troviamo immersi: "oggi abbiamo il dovere di tener conto di questi
atti, di questi momenti etici"(6).
Un esempio emblematico di questi momenti
etici, è rintracciato dall’autore nel gesto di rifiuto della
leva da parte dei riservisti israeliani, che con il loro rifiuto hanno
apertamente criticato la politica terrorista del governo israeliano;
l’importante è, dunque, saper riconoscere questi atti che rappresentano
"il miglior antidoto alle tentazioni antisemite che spesso sono
chiaramente riconoscibili nelle critiche della politica israeliana"(7).
È attraverso questi atti, allora,
che possiamo cogliere tutta la grandezza e l’importanza delle persone
reali, che, con i loro gesti ed azioni, ci incoraggiano a guardare alla
realtà non come un sistema bloccato tra due alternative, ma come
un processo in fase di svolgimento aperto a qualsiasi soluzione; è
dunque proprio nell’azione che ci scontriamo con quella realtà
‘reale’ che invece non possiamo ritrovare nella narrazione fattaci dai
media.
Attraverso questa idea di azione, in
conclusione, l’autore muove una critica profonda nei confronti dell’idea
filosoficamente molto di moda oggigiorno, ossia quella del soggetto
post-moderno; un’idea questa, che ci trasmette l’immagine dell’essere
umano il quale, una volta messa da parte la possibilità di incidere
sul mondo insieme agli altri, perché in fondo non esiste un solo
mondo ma tanti e tanti mondi divisi tra loro, si ritira in un ambiente
virtuale del tutto depurato dagli eccessi della vita che potrebbero
inclinare il lento scivolamento verso la sua morte. In questo modo,
ci avverte l’autore, la vittima finale di questo atteggiamento non è
tanto il mondo, che con le sue dinamiche continua a scorrere sotto i
nostri occhi, quanto piuttosto la nostra stessa soggettività,
trasformata in uno ‘stucchevole capriccio’, come la definisce l’autore.
Chiaro indice di questo capriccio è l’ossessione, questa
veramente tutta post-moderna, per la parte privata della nostra
vita, una parte che viene ossessivamente mercificata, elevata al rango
della verità e che traspare in tutta la sua forza nella quantità
di programmi televisivi che incoronano gli aspetti più privati
delle persone.
L’unica via d’uscita da questo grande
bluff, è, in definitiva, agire con gli altri per creare un nuovo
concetto di collettività, il cui punto d’incontro è proprio
la volontà di creare un mondo diverso da quello reificato come
noi lo conosciamo oggi, un mondo che, in contrasto con la passione per
il reale che abbiamo visto caratterizzare la nostra epoca, non esiste
ancora, è ancora tutto da creare.
Emiliano Maini
Indice:
L’inchiostro mancante
Passioni per il reale, passioni per l’apparenza
Riappropriazioni: la lezione del mullah Omar
La felicità dopo l’11 settembre
Dall’homo sucker all’homo sacer
Dall’homo sacer al prossimo tuo
Il profumo dell’amore
Postfazione: Slavoj Zizek: le inaccettabili categorie
Bibliografia
Note
1) S. Zizek, op. cit., pag.
72.
2) S. Zizek, op. cit., pag. 55.
3) S. Zizek, op. cit., pag. 11.
4) S. Zizek, op. cit., pag. 23.
5) Ibidem.
6) S. Zizek, op. cit., pag. 121.
7) S. Zizek, op. cit., pag. 121