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Jack Goody, L’ambivalenza della rappresentazione. Cultura, ideologia, religione, tit. or. Representations and Contradictions. Ambivalence Towards Images, Theatre, Fiction, Relics and Sexuality, tr. it. di Maria Gregorio, Milano, Feltrinelli, (Campi del sapere), 2000, pp. 270, Lit. 55.000, ISBN 88-07-10284-6

(Vincenzo Cuomo)  

 

 

Il testo di Jack Goody si occupa della rappresentazione o meglio della ambivalenza insita nei processi rappresentativi. Le immagini, le reliquie, il teatro, la narrazione, le rappresentazioni dirette della sessualità, sono qui considerate in quanto modalità di ri-presentazione della realtà (o di ciò che si considera tale). La sua prospettiva antropologica è quanto più ampia possibile. “L’ambivalenza – egli afferma – è inerente allo stesso processo della rappresentazione negli animali che usano il linguaggio (…). Le rappresentazioni sono sempre rappresentazioni di qualcosa, quindi sono ri-presentazioni, non la cosa in sé, das Ding an sich” (p. 34). Per tale motivo strutturale le rappresentazioni sono in sé ambivalenti, poiché nel ri-presentare attestano un’assenza e una presenza nello stesso momento: “si ha quindi sempre la possibilità che il significante (parole, azioni, immagini) possa essere confuso o apertamente identificato con il significato” (ibidem).

Il metodo che Goody ha adottato nelle sue ricerche è dichiaratamente comparatistico. Criticando le secche iperrelativistiche a cui molta “antropologia sul campo” è giunta, egli produce una convincente rivalutazione epistemologica della ricerca fondata sulla comparazione. Egli afferma che “se è vero che il pensiero umano non è dappertutto il medesimo, dal momento che i processi mentali sono necessariamente interattivi – sono diversi, per esempio, quando la scrittura entra in gioco, perché il medium è potenzialmente autoriflessivo –, l’apparato di base rimane simile. Non v’è spazio, quindi, per una nozione come quella di ‘pensiero mitopoietico’ cioè di processi mentali costituzionalmente distinti e non diversi da un punto di vista situazionale” (p. 226).

Studiando culture tipologicamente simili o le stesse culture colte in momenti storicamente differenti, Goody mostra come la  “contraddizione cognitiva” che è insita nella “rappresentazione” possa produrre atteggiamenti opposti e intimamente conflittuali rispetto alle diverse modalità rappresentative (icone, reliquie, rappresentazioni teatrali, narrazioni …) o comunque generare sul lungo periodo atteggiamenti fortemente instabili e oscillanti tra il rifiuto e l’esaltazione entusiastica. “Le contraddizioni cognitive – egli specifica – esistono in quelle situazioni in cui una forma di comprensione del mondo può andare in due o più direzioni, per via della natura stessa di quella cognizione. Queste situazioni sono necessariamente instabili sul lungo periodo. Ciò significa che se un gruppo sceglie una linea di pensiero, l’altra linea rimane un’alternativa potenziale, a livello societario come a livello individuale” (p. 234).

Quest’ultima osservazione di Goody è particolarmente interessante. Sulla base delle sue ricerche egli ci dà un’indicazione importante sul come le società hanno cercato di prevenire o di regolare i contrasti che a causa di tali “contraddizioni cognitive” possano sorgere all’interno di esse: “si può avere una relativa stabilità quando una cognizione si protegge da un’altra riconoscendone l’esistenza, o in un atto rituale o attraverso l’azione di alcuni individui o gruppi che adottano il modo alternativo di comprensione [;] le scelte alternative possono essere inserite nel sistema sociale, risolvendo forse l’ambivalenza individuale” (ibidem).

Concludo la recensione di questo importante scritto di Jack Goody mentre in Afghanistan le milizie dei talebani stanno demolendo a colpi di artiglieria pesante e di razzi alcune colossali statue buddiste della zona di Bamiyan. È un esempio drammatico di quanto l’antropologo inglese mostra nel suo libro, sulla copertina del quale, almeno nella traduzione italiana che ho tra le mani, compare una fotografia scattata a Kabul nel 1996 raffigurante un gruppo di talebani che dà fuoco a delle pellicole cinematografiche. Mi chiedo se questa fotografia, un’immagine di distruzione di immagini, sia ancora una rappresentazione. O forse sia qualcosa di meno o qualcosa di più.

Indice: Ringraziamenti; Prefazione all’edizione italiana; Rappresentazioni e contraddizioni cognitive (Assenza, Obiezioni, Lo scritto e l’orale, Cambiamenti e dilemmi cognitivi, Puritanesimo, Ambivalenza, Nota conclusiva sulla rappresentazione); Icone e iconoclasti in Africa? (Assenza e ambivalenza); Dubbi generali sulle icone; Le reliquie e la contraddizione cognitiva tra i resti mortali e le aspirazioni immortali (Pellegrinaggi, Miracoli, Reliquie cristianesimo e continuità, Le reliquie nelle altre religioni, Le reliquie nelle culture orali); Teatro, riti e rappresentazioni dell’altro; Il mito: riflessioni sull’irregolarità della sua distribuzione (Mito e mitologia; recitazione sacra e conoscenza, Generi di arte verbale, racconti popolari come invenzione (fiction), Il Bagre come conoscenza e come “vera” narrazione, Narrazione come illusione?); Contro il romanzo; Le rappresentazioni del sesso e il loro rifiuto (India, Africa, Europa, Cina); Cultura e cognizione; Bibliografia; Indice dei nomi.

 

 

 

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