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Attraverso
le Ombre
di Andrea Bonavoglia
Introduzione
Nel numero di Settembre 2000, l’autorevole rivista
Scientific American ha pubblicato un articolo di astronomia dal
titolo Searching for Shadows of Other Earths (Alla ricerca di ombre
di altre Terre), dal quale si deduce che l’esistenza di un pianeta,
in orbita intorno al lontanissimo astro identificato dalla sigla HD209458,
risulterebbe confermata dall'ombra che esso proietta sulla stella. Tale
notizia non dovrebbe sorprendere: una tra le più sorprendenti esperienze
astronomiche resta, per noi uomini del 2000 come per i popoli primitivi,
l’osservazione di un’eclissi di sole o di luna, che altro non
sono che il manifestarsi di un’ombra.
Probabilmente risulta difficile immaginare altre parole che possano altrettanto
affascinare, trasmettere, suggerire o ricordare quanto la parola ombra.
Nel 1996 Einaudi ha pubblicato un prezioso, brevissimo testo del grande
storico dell'arte E.H. Gombrich, composto da alcuni scritti relativi a
esposizioni organizzate in Inghilterra e intitolato, appunto, Shadows
(Ombre); le considerazioni e le immagini di quel libro rappresentano,
paradossalmente, illuminazioni improvvise e chiarificatrici nel campo
della teoria e della critica pittorica.
Sia come non vano esercizio accademico, sia come ipotesi di un lavoro
destinata forse a ulteriori sviluppi, sembra opportuno allora tracciare
un sintetico e provvisorio percorso, allineando qui tre argomenti che
potrebbero e anzi devono essere approfonditi:
* che cos’è l’ombra, per entrare nel tema;
* l’ombra come rilievo, per determinare le argomentazioni tecniche
che sottendono la sua rappresentazione e per intuire la natura della creazione
artistica, pittorica nella fattispecie;
* cosa può significare un’ombra, per ricordarsi di qualche
esempio preso dalla storia dell’arte.
Che cos’è l’ombra
Un’area
non illuminata direttamente dal sole o da una sorgente di luce, ma solo
dal riflesso della luce che le è diffusa intorno, coperta quindi da un
qualche oggetto che si frappone tra la luce e l’area stessa,
rappresenta una zona d’ombra. Ugualmente, è in ombra anche la parte di
un solido qualunque che non sia direttamente colpita dalla luce, vale a
dire la parte di dietro del solido rispetto alla luce. Il primo tipo si
dice, in pittura e in geometria descrittiva, ombra portata, il secondo
ombra propria. L’ombra propria sembrerebbe corrispondere meglio
all’accezione intuitiva di ombra, ma nella pratica l’ombra è per
antonomasia l’ombra portata. Si pensi all’espressione: "Ho visto
un’ombra!" (una figura umana ritagliata su una parete alla luce di una
lampada), per capire che vedere un’ombra vuol dire vedere un’ombra
portata e che le ombre della poesia, della letteratura e della
religione sono usualmente ombre portate.
C’è un racconto di Chamisso che viene subito in mente, la
romantica vicenda di Peter Schlemihl, l’uomo che vende la sua ombra
al diavolo e che, da allora, non viene più riconosciuto come essere
umano. L’ombra sembra in questo caso identificarsi con l’anima,
meglio con lo spirito, col quale divide la struttura leggera e evanescente;
si veda un capitolo del Ramo d’Oro di Frazer, nel quale questo
scambio frequente tra ombra e essenza vitale nei culti e nelle credenze
primitive è ampiamente descritto e chiarito.
Accade anche in molti film (il cinema è per sua definizione costituito
da una molteplicità di ombre), come nel suggestivo Dracula di
F.F.Coppola, dove l’ombra del terribile conte, separandosi per qualche
istante dal corpo davanti all'ospite inglese, manifesta desideri segreti,
freudiani, indicibili; ed è strano notare come il vampiro, di cui
secondo tradizione non esiste riflessione negli specchi in quanto morto
non-morto, abbia invece un’ombra. L’Uomo Ombra più
tipico del cinema è comunque un'agente segreto o una spia, da William
Powell (ma solo in italiano, il personaggio originale è the Thin
Man, l'uomo sottile) in avanti.
In molti cartoni animati l’ombra rivela qualcosa di segreto, in pratica
garantendo una comoda manifestazione visibile ed elementare delle
intenzioni nascoste. Spesso l’ombra può staccarsi e vivere di vita
propria. Anche Peter Pan ha un’ombra mobile, e Peter Pan è un bambino
che non cresce mai.
Nella lingua parlata e della letteratura popolare, l’ombra è uno che ti
accompagna o che ti pedina (seguire come un’ombra), uno che ti soffoca
o che ti protegge (diventare la sua ombra), ma anche un qualcosa di
leggero, sottile, immateriale (un’ombra di latte nel caffè)... L’ombra
è lunga, e diventa minacciosa, nasconde chi trama, trattiene chi vi
viene lasciato, prende chi si adira. Per gli inglesi, il governo-ombra
è quello che la minoranza politica costruisce in palese opposizione al
governo ufficiale.
L’ombra come rilievo
Si
è detto che un’ombra propria è quella che si manifesta sull’area di un
solido non direttamente illuminata. L’ombra si manifesta, nel senso che
toglie qualcosa all’oggetto, e cioè parte della luminosità. L'ombra non
è nera, ma aggiunge nero al colore originale. Si rifletta ora su
questo semplice esempio: su un foglio tracciamo un cerchio, è una
figura bidimensionale che si adatta perfettamente alle due dimensioni
del foglio: noi vediamo un cerchio. Potrebbe essere la traccia di un
bicchiere rotondo poggiato sul tavolo. Potrebbe essere la celebre O di
Giotto disegnata con un solo colpo di polso. Potrebbe essere il numero
zero.
Adesso con la matita rendiamo più grigio uno spicchio del cerchio, su
un lato, in modo soffuso. Abbiamo disegnato un’ombra propria, che
d’improvviso ha trasformato il cerchio in una sfera: l’ombra propria ha
creato la terza dimensione su un foglio a due dimensioni. Ma si
prosegua nell’esercizio, riprendendo il cerchio semplice; si disegni,
all’esterno del cerchio, una piccola area a mezzaluna nera: il cerchio
appare adesso ritagliato e sollevato, un dischetto bianco che proietta
un’ombra sul piano sottostante. Abbiamo disegnato un’ombra portata, e
anche in questo caso da due dimensioni reali siamo passati a tre
dimensioni illusorie. E’ evidente allora che l’ombra rappresenta uno
strumento importante nella resa naturalistica di una figura, tanto
quanto è evidente che la sua corretta costruzione richiede abilità e
conoscenze geometriche.
La teoria delle ombre rappresenta una parte, forse la più impegnativa
ma comunque sicuramente una delle più interessanti a livello
speculativo, della geometria descrittiva, la disciplina che tratta
tutto quanto attiene alla rappresentazione prospettica. Una volta
apprese le tecniche necessarie a disegnare correttamente in prospettiva
i più disparati volumi geometrici, è possibile approfondirle ed
estenderne le qualità descrittive mediante la teoria delle ombre, che
consente di applicare le norme prospettiche anche alle aree delimitate
dalle ombre proprie e dalle ombre portate.
I problemi di rappresentazione grafica relativi alle ombre sono ancora
più complessi di quelli relativi ai solidi; si pensi a puro titolo di
esempio, alla estrema complicazione geometrica dell'ombra di un cono
proiettata su una superficie sferica in una veduta prospettica non
centrale.
Non si tratta di problemi fittizi o astratti: in questo caso il disegno
geometrico segue regole complesse ma comunque logiche, mentre la
visione istantanea del pittore può subire interferenze e creare
difficoltà inaspettate al momento dell'esecuzione. L'ombra di un essere
umano proiettata su un edificio o su una strada rappresenta comunque
una sfida: il disegnatore, l'architetto, il pittore alla Piero della
Francesca, affronteranno il problema a tavolino, risolvendolo con
squadre, compassi e righe utilizzati in vista di uno scopo preciso; il
pittore alla Van Gogh cercherà di cogliere i contorni reali di
quell'ombra nel momento reale, ma non potrà evitare di ragionare sul
loro senso, sul loro spessore, sulla loro efficacia visiva.
Cosa può significare un’ombra
Nella storia della pittura e del disegno
(e in quelle più recenti della stampa e della fotografia) le ombre
sembrano avere presenza e importanza nelle fasi di maggior naturalismo.
Come sottolinea Gombrich, in alcuni mosaici romani è ben visibile
l'effetto tridimensionale di ombre nere portate su superfici bianche.
In effetti, fino alla rivoluzione della pittura moderna, le ombre sembrano
far parte del bagaglio tecnico dei pittori che intendono stupirci e meravigliarci
per gli effetti di verosimiglianza.
Masaccio, che introduce la prospettiva scientifica di Brunelleschi nella
dimensione rinascimentale, dipinge in un celebre affresco l'ombra di San
Pietro che compie un miracolo, e si ingegna a rendere quell'ombra non
tanto un'emanazione della santità di Pietro, quanto la visibile
e corretta proiezione della sua figura fisica.
Caravaggio usa l'ombra con effetti non dissimili da certe tecniche fotografiche
e cinematografiche, ottenendo insieme realismo e suggestione. L'ombra
in cui siedono i personaggi della Vocazione di San Matteo viene
spezzata dalla luce radente che entra insieme a Cristo, e se è
proverbiale parlare della luce di Caravaggio, non si deve dimenticare
che quella luce si manifesta proprio attraverso il contrasto con l'ombra.
Tra i pittori successivi alla rivoluzione impressionista, che teorizzava
l'uso delle ombre colorate, eliminando cioè l'uso del nero come
artificio per la tridimensionalità, il puntinista Seurat dipinse
un quadro in cui le ombre sono difficilmente catalogabili.
Nella rarefatta atmosfera della Grande
Jatte, le ombre dei personaggi si dispongono sul prato con apparente
spirito geometrico, ma se attentamente controllate riveleranno curiose
anomalie e imperfezioni. Il pittore che cercava di adottare la scienza
ottica come matrice artistica, giunge anche in questo dettaglio all'ambiguità,
alla manifestazione di una sorta di dubbio tra naturalismo e simbolismo.
In Pubertà Munch proietta sulla parete della stanza di una
fanciulla un'ombra che senza dubbi non è realistica, una macchia
informe e misteriosa, carica di inquietudine. E' un caso di forte e penetrante
uso dell'ombra, che viene a gravarsi di allusioni e di presagi, non sorretto
quindi da regole geometriche di rappresentazione.
Matisse non usa ombre invece,
e non ce ne accorgiamo. Nella sua opera forse più celebre, La
Danza, uomini e donne si stagliano contro un cielo blu e un prato
verde senza lasciare tracce; l'ombra non appartiene a questo mondo di
sola luce. E' strano, i corpi dipinti con tanta capacità sintetica
dal pennello del pittore sono solidi grazie anche all'uso molto contenuto
del chiaroscuro, e pesano, tanto che un piede sprofonda o addirittura
deforma il prato, ma non proiettano ombre. Matisse vive il colore, vive
la luce, vive le combinazioni dei colori e le composizioni delle linee,
ma nel suo universo l'ombra non c'è.
Infine, per suggerire ancora qualche spunto sul tema, si osservino opere
in cui l'ombra è usata per scopi diversi: ad esempio nel Profeta
De Chirico sfrutta l'ombra per creare una presenza, una figura a destra,
non visibile, la cui ombra si proietta enigmaticamente sul pavimento.
In una sua tipica ambientazione urbana, Nottambuli,
Hopper crea invece attraverso le ombre un sentimento di malinconia e di
solitudine. In altri casi infine l'ombra diventa davvero protagonista, come
nel Nudo femminile su una sedia a dondolo di Pearlstein, dove il
movimento della sedia si proietta sulla parete e lascia, si direbbe, una
traccia, una sequenza di fotogrammi; e come negli Champs Elysées
di Kertész, in cui l'ombra lineare delle sedie crea, in una straordinaria
immagine fotografica, un tema decorativo di elegante complessità.
Opere citate nel testo e/o utili al suo approfondimento:
Testi
L.R. Doyle, H.J.Deeg, T.M.Brown, Searching for Shadows of Other Earths,
Scientific American, September 2000
E. Gombrich, Ombre, Einaudi, 1996
A. von Chamisso, Storia straordinaria di Peter Schlemihl, Garzanti, 1992
J.G. Frazer, Il ramo d'oro, Newton-Compton, 1992
J.M. Barrie, Peter Pan, Opportunity Books, 1995
S. Malara, Linguaggio grafico, Zanichelli, 1992
Film
W.S. Van Dyke, The Thin Man, 1934
C.Geronimi, W.Jackson, Peter Pan, 1934
F.F.Coppola, Dracula, 1992
Pittura e fotografia
Masaccio, San Pietro guarisce gli infermi con la sua ombra, affresco, nella Chiesa del Carmine in Firenze, 1426-1427
Caravaggio, Vocazione di San Matteo, olio su tela, nella chiesa di San Luigi dei Francesi in Roma, 1599-1600
G.Seurat, Una domenica d'estate alla Grande Jatte, olio su tela, oggi presso l'Art Institute di Chicago, 1884-1886
E.Munch, Pubertà, olio su tela, oggi presso la Nasjonalgalleriet di Oslo, 1895
H.Matisse, La Danza, olio su tela, oggi presso l'Ermitage di San Pietroburgo, 1910
G.De Chirico, Il profeta, olio su tela, oggi presso il M.O.M.A. di New York, 1915
E.Hopper, Nottambuli, olio su tela, oggi presso l'Art Institute di Chicago, 1942
P.Pearlstein, Nudo femminile su una sedia a dondolo, olio su tela, oggi presso il Brooklin Museum di New York, 1977-1978
A.Kertesz, Champs Elysees, fotografia, oggi presso il Ludwig Museum di Colonia, 1930
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