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Le
finestre di Eugen Fink Il testo
Il
testo di Fink che presentiamo è tratto dalla sua tesi di dottorato,
discussa all’Università di Friburgo nel 1929 e guidata da Husserl.
Il titolo originario del lavoro dichiara già con evidenza qual
è l’ambito dell’indagine: “Contributi ad un’analisi fenomenologica
dei fenomeni psichici che si considerano all’interno di caratterizzazioni
dai molti significati quali ‘pensare come se’, ‘rappresentarsi semplicemente
qualcosa’, ‘fantasticare’”.(1)
Husserl stimò a tal punto il lavoro, da pubblicarlo
nel suo “Jahrbuch für Philosophie und phänomenologische Forschung”
con il significativo titolo: Presentificazione
ed immagine. Contributi per una fenomenologia dell’irrealtà,
prima parte di un’opera che non fu successivamente completata, come era
già avvenuto per il celebre Essere
e tempo di Heidegger, pubblicato
nella medesima rivista qualche anno prima.(2)
Husserl non mancava di raccomandare la lettura del lavoro
finkiano e di elogiarne i contenuti, oltre che l’autore.(3)
Negli
ultimi tre paragrafi, che qui compaiono nella versione originale e in
traduzione, Fink problematizza innanzitutto quel particolare mondo al
tempo stesso realmente esistente (perché ancorato ad un supporto,
per esempio ad una tela), ma anche assolutamente irreale che è
il mondo evocato da un’immagine, con le sue peculiari dimensioni spaziali
e temporali, del tutto altre rispetto alla realtà concreta, eppure
non riducibili a pure fantasticherie o semplici abbagli. Nel medio dell’immagine
l’irrealtà assume aporeticamente realtà concreta, ed è
precisamente il supporto a permettere l’oscillazione paradossale, diventando
esso stesso il ‘framezzo’ (Zwischen)
in cui avviene il passaggio, per esempio, da una pennellata reale ad un
cielo vespertino soltanto raffigurato. Quello stesso supporto che resta
in genere nell’anonimità del sostrato, a prima vista necessariamente
ricoperto e quindi occultato, è poi però anche un mezzo
che traspare e riluce e che l’immagine stessa porta in primo piano e mostra.
È assai significativo proprio l’esempio addotto del riflesso sull’acqua,
dove al rimando reciproco tra il reale e l’irreale corrisponde l’intersecarsi
di una percezione effettiva e di una ‘presentificazione’ immaginaria.
Qui l’immagine si rivela essere una ‘finestra’ unica nel suo genere, che
permette il passaggio nelle due direzioni e dove non è detto che
il ‘fuori’ cui ci si apre sia solo il mondo dell’immagine come sconfinamento
rispetto al mondo reale — mentre nella finestra effettiva c’è continuità
spaziale e temporale tra il dentro e il fuori. Infatti è anche
il mondo immaginario a debordare in quello reale, indirizzandosi all’osservatore
e facendolo ‘entrare dentro’ e/o ‘restare fuori’, rendendolo quindi un
io doppio che non solo vive in due mondi, ma che volta a volta ne è
il centro e l’orizzonte, all’interno di una prospettiva che può
essere ribaltata nel suo orientamento. Questa finestra che non media,
ma mette in gioco il reale e l’irreale capovolgendoli l’uno nell’altro
è l’‘immagine’ più significativa che il giovane Fink ci
porge per poter pensare fenomenologicamente, per esempio, un quadro.
Quale finestra?
Il
rinvio alla finestra per dire e pensare l’immagine sembra essere un’associazione
di idee piuttosto comune, almeno a partire da Leon Battista Alberti.(4)
Ancora Sartre, per esempio, scrive: “Se
il pittore ci presenta un campo o un vaso di fiori i suoi quadri sono
finestre aperte sul mondo intero”.(5)
Nell’ultimo romanzo di Tabucchi — in un testo di cui il Postscriptum
rivela gli antefatti e che risulta come un delirio dell’allora e dell’altrove,
successivamente usato a commento dei quadri di un pittore — ancora finestre
effettuano la dissolvenza del dentro e del fuori, aprendo sul tutto e
sul nulla della realtà e dell’illusione e coniugandone gli orizzonti.(6)
Ma anche un bimbo di prima elementare può fantasiosamente
descrivere la casa dei suoi sogni immaginando cornici di quadri al posto
delle finestre!(7)
Già
Husserl, nelle sue riflessioni sul tema dell’immagine (che certamente
Fink doveva conoscere in seguito alla sua frequentazione del maestro),
aveva messo in risalto come la cornice rappresentasse una sorta di finestra
che ci permette di entrare nella realtà dell’immagine e nel suo
spazio.(8)
Nell’indagare il problema della differenza tra rappresentazione
percettiva e rappresentazione di fantasia, Husserl aveva sottolineato
il carattere insieme di irrealtà e di percezione reale dell’immagine,
il suo collidere con il presente attuale e percepito, visto che nell’immagine
abbiamo al tempo stesso un oggetto concreto ed un qualcosa di fittizio,
oggi diremmo: virtuale.(9)
Anche Husserl aveva fatto poi proprio l’esempio dell’immagine
riflessa sull’acqua (il bastone che sembra spezzato), insieme con il celebre
esempio del manichino di cera che potrebbe però anche essere una
persona in carne ed ossa, esempio che compare in vari suoi scritti, ma
che illustra piuttosto il problema dell’illusione ottica e della sua particolare
oscillazione.(10)
Il paradosso dell’immagine non è peraltro neanche per
Husserl una semplice illusione e l’immagine della finestra illustra assai
bene proprio il capovolgimento tra l’una e l’altra dimensione del dentro
e del fuori, della presentazione intuitiva e della presentificazione fantasticante
(altrettanto intuitiva, ma grazie ad un rappresentare immaginativo), dell’‘ora’
e del ‘non ora’ (la vecchia fotografia, per esempio, e il nonno da giovane),
del ‘qui’ e del ‘non qui’ (la pennellata sulla tela e il bagliore di un
tramonto, per dirla con Fink), dell’io reale che guarda l’immagine e dell’io
che diventa parte dell’orizzonte aperto dall’immagine stessa(11)
, si tratta insomma sempre delle andate e dei ritorni tra impressione
ed immaginazione, sensazione percettiva e fantasma analogico della finzione.(12)
Sulla
scia di Husserl, ma anche approfondendone ed accentuandone ulteriormente
i motivi, Fink propone una riflessione fenomenologica sul medium
dell’immagine, la cui struttura trascendentale è rappresentata
appunto dalla presentificazione approntata dall’immaginazione e dalla
fantasia e il cui schema aporetico e problematico sembra essere precisamente
la finestra, per così dire il ‘framezzo’ del medium
che tiene insieme il reale e l’irreale. Nei preliminari del suo lavoro,
allorché si trattava di presentare gli obiettivi e l’impianto della
ricerca, Fink aveva aperto addirittura “una finestra sull’assoluto”, facendo
esplicito riferimento a Hegel(13)
! Eppure le finestre di Fink non sembrano mediare, né sintetizzare,
né mirare ad un tertium
sistematico, anche se l’irrealtà che presentano concretamente apre
su un’alterità ancora da pensare e che rimette in questione ogni
concretezza.(14)
Appunti di traduzione
Il
lettore potrà confrontare la traduzione che proponiamo con l’originale
tedesco riprodotto. Si consideri che il termine tedesco ‘Bild’
— che significa immagine, ma anche quadro ed è connesso inoltre
all’idea della forma (‘Bildung’,
per esempio, è la cultura in quanto ‘formazione’) — è reso
in genere con ‘immagine’, ma talvolta con ‘quadro’, soprattutto quando
si fa riferimento esplicito alla materialità dell’oggetto appeso
al muro, per esempio ad un quadro concreto come appunto “Il taglialegna”
di Ferdinand Hodler, cui Fink si riferisce. ‘Bildwelt’
è reso in genere con ‘mondo dell’immagine’ (o ‘mondo di immagini’),
‘Bildbewußtsein’
con ‘coscienza dell’immagine’ (o con ‘coscienza d’immagine’). Nelle scelte
terminologiche ci si è orientati in genere ai consigli proposti
nel manuale di Cairns, spesso facendo proprie le scelte di traduzione
di Paul Ricœur.(15)
Nota bio-bigliografica
Eugen
Fink (1905-1975) fu assistente privato di Husserl dal 1928 — quando quest’ultimo
era già professore emerito dell’Università di Friburgo —
fino alla morte del maestro, avvenuta nel 1938. In quegli anni di stretta
collaborazione intellettuale Fink lavorò soprattutto alla revisione
dei manoscritti husserliani sulla Crisi
ed alle Meditazioni cartesiane.(16)
Husserl stesso stimava a tal punto il suo giovane collaboratore,
da presentarne un saggio non solo in maniera altamente elogiativa, ma
dichiarando anche pubblicamente di condividerne pienamente la prospettiva
e di poterne sottoscrivere ogni singola frase.(17)
La vicinanza intellettuale ad un autore mal visto dal regime,
cui era stata per di più interdetta ogni attività pubblica,
impedì che al giovane fenomenologo si aprissero le porte di un’eventuale
carriera accademica, che non volle comunque intraprendere preferendo rimanere
fedele al maestro. Dopo la sua morte, lavorerà per un anno insieme
con Ludwig Landgrebe al lascito manoscritto presso l’Archivio-Husserl
appena fondato a Lovanio dal padre van Breda, che rocambolescamente aveva
salvato i tesori della biblioteca di Husserl e i suoi manoscritti, portandoli
oltre confine. L’invasione delle truppe tedesche in Belgio aveva poi significato
per Fink non solo la fine di quel lavoro editoriale, ma anche l’internamento
e successivamente l’obbligo di servire come soldato semplice nell’esercito
tedesco fino al termine della guerra. Nel 1946 Fink otterrà l’abilitazione
all’insegnamento presso l’Università di Friburgo in considerazione
dei suoi lavori degli anni Trenta, ma anche come una sorta di ‘riparazione’
per l’esclusione di cui era stato vittima. Nel 1948 sarà chiamato
come professore straordinario e in seguito come ordinario per la cattedra
di Filosofia e scienza dell’educazione a Friburgo. Per continuare il lavoro
filosofico e pedagogico intrapreso a Friburgo rifiuterà prestigiose
chiamate di altre Università (Colonia, 1948; Berlino, 1957; Vienna,
1965), così come la nomina sulla cattedra vacante di Heidegger
nel 1957.(18)
Fin dal 1950 esisterà presso l’Università di
Friburgo una sede dell’Archivio-Husserl (gemellata con quello di Lovanio),
sede di cui Fink sarà il direttore fino al suo ritiro dall’insegnamento
universitario, che avverrà nel 1971.(19)
Nell’Accademia pedagogica dell’Università di Friburgo,
che Fink stesso contribuì a consolidare, si trova attualmente un
“Eugen Fink Archiv” che cura il suo lascito e continua a pubblicare gli
scritti rimasti inediti, in particolare i testi delle lezioni universitarie.(20)
Filosoficamente
è indubitabile che Fink si sia formato alla scuola della fenomenologia,
ma senza mai sottrarsi agli stimoli intellettuali che provenivano anche
da altrove, per esempio da quello Heidegger, di cui seguì regolarmente
i corsi dal semestre invernale 1928/’29 fino all’estate del 1931 e con
cui terrà a Friburgo anche un celebre seminario su Eraclito negli
anni Sessanta.(21)
La sua proposta teorica si mosse fin dal principio tra Husserl
e Heidegger, ma anche tra Kant, Hegel, Nietzsche e la tradizione del pensiero
greco, nel senso di una ridefinizione della soggettività e dell’esistenza
e all’interno delle grandi questioni metafisiche a proposito dell’essere,
della verità, del mondo.(22)
In
particolare il tema fenomenologico del mondo, vera croce di ogni teoria,
si trova al centro della sua riflessione, un mondo fenomenologicamente
tematizzato come orizzonte trascendentale del problema dell’essere, orizzonte
aperto che ha nel corpo proprio (‘Leib’)
il suo ancoraggio e il centro, ovvero il punto zero di ogni orientamento
e la cui essenza si esprime nel dare spazio e nel lasciare tempo agli
enti e all’essere stesso: per Fink è il problema del mondo, più
che non il problema dell’essere, a necessitare di esser sottratto all’oblio
della metafisica, è la differenza cosmologica tra mondo e cosa
a dover essere ripensata, più che non la differenza ontologica
tra essere ed essente, solo così si potrà porre finalmente
il problema dell’apertura al mondo da parte dell’uomo.
Anche
l’antropologia che Fink delinea si caratterizza come un’antropologia espressamente
mondana, che indaga sui fenomeni fondamentali del Dasein
quali la morte, il lavoro, il conflitto, l’amore e il gioco, indici formali
e segnavia della finitezza. Costantemente confrontato con la propria fine,
rimesso alla miseria della sopravvivenza, ma anche orgogliosamente consapevole
della sua produttività, l’uomo si sa nel lavoro fattore della realtà
che lo circonda e parte di una società con cui si confronta e si
scontra; nel rapporto amoroso egli è solo un frammento bisognoso
di completamento; nel gioco infine, e qui traspaiono più vivacemente
le suggestioni nietzscheane, può abitare gli spazi intermedi del
‘come-se’ e i passaggi tra il reale e l’immaginario, ovvero quell’irrealtà
in cui si annuncia il senso e il significato.(23)
Soprattutto
il gioco è stato affrontato da Fink come autentico problema filosofico(24)
. Nella prosecuzione ideale di Eraclito (secondo cui il corso del
mondo è come un fanciullo che gioca a dadi) e di Nietzsche (secondo
cui il mondo è il gioco di un dio)(25)
Fink si propone di mettere in luce in particolare il rapporto
che si instaura nel gioco tra la realtà e quell’irrealtà
realmente esistente che è per esempio la storia messa in scena
in un teatro. Precisamente nella modalità visionaria si mostra
per Fink nella maniera più evidente il misurarsi del gioco con
l’immaginario, il suo essere recupero e godimento di possibilità
perdute(26)
, variazione piena di fantasia che porge non il reale, ma il suo
fondo essenziale ed autentico, come dimostra per esempio l’esperienza
della festa, del culto, della pratica magica, della maschera, della sacra
rappresentazione. Ma più che rapporto all’essere, il gioco è
innanzitutto rapporto al mondo, apertura al mondo, che è, come
un tutto, senza alcun fondamento, senza scopo e senza senso, e deve pertanto
poter essere pensato esso stesso come un gioco senza giocatori(27)
. Nella riflessione matura sul gioco riaffioreranno molti temi già
affrontati nella dissertazione a proposito dell’immagine. Anche del gioco
si dirà, per esempio, che è un’oscillazione tra la realtà
effettiva e l’irrealtà del ‘come se’, che il giocatore, come chi
contempla un quadro, si trova in due sfere diverse, confrontato, com’è,
con un mondo evocato, affacciato ad una ‘finestra’ che apre una dimensione,
sì, irreale, ma anche senz’altro concreta.(28)
Ringraziamenti
L’immagine
del quadro di Holdler che accompagna il testo e la riflessione finkiana
— “Der Holzfäller” (Il taglialegna), 1910, la cui versione monumentale
si trova presso il ‘Kunstmuseum’ di Berna (olio su tela, 260 211
cm) — è stata tratta dal catalogo di una mostra itinerante tenutasi
presso la ‘Nationalgalerie Berlin — Staatliche Museen Preußischer
Kulturbesitz’ (Berlino, 2 marzo-24 aprile 1983), presso il ‘Musée
du Petit Palais’ (Parigi, 11 maggio-24 luglio 1983) e presso la ‘Kunsthaus
Zürich’ (Zurigo, 19 agosto-23 ottobre 1983) e riproduce in realtà
una delle numerose copie che Hodler stesso approntò per la vendita.(29) Per
il permesso accordato alla riproduzione digitale si ringrazia vivamente
l’‘Ufficio rapporti con il pubblico’ della ‘Biblioteca di Archeologia
e Storia dell’arte’ di Roma, dove è stato consultato il volume
in questione.
Note 1
Cfr. E. Fink, Beiträge zu einer phänomenologischen
Analyse der psychischen Phänomene, die unter den vieldeutigen Titeln
„Sich denken, als ob“, „Sich etwas bloß vorstellen“, „Phantasieren“
befaßt werden, Inaugural-Dissertation zur
Erlangung der Doktorwürde einer Hohen Philosophischen Fakultät der
Albert-Ludwigs-Universität Freiburg i.Br., Halle (Saale), Karras,
Kröber und Nietschmann 1930.
2 Cfr.
E. Fink, Vergegenwärtigung und Bild. Beiträge
zur Phänomenologie der Unwirklichkeit, “Jahrbuch
für Philosophie und phänomenologische Forschung”, XI (1930), pp.
239-309; questo saggio di Fink sarà ristampato anche all’interno
della raccolta di saggi curata da H. L. van Breda, J. Taminiaux e R. Boehm
in occasione del sessantesimo compleanno di Fink, cfr. Id., Studien
zur Phänomenologie 1930-1939, Den Haag,
Nijhoff 1966 (Phaenomenologica, 21), pp. 1-78.
3 Cfr.
per esempio le lettere a Roman Ingarden del 21/XII/1930 e a Dietrich Mahnke
dell’8/I/1931, E. Husserl, Briefwechsel,
vol. III, a cura di E. Schuhmann e K. Schuhmann, Dordrecht/Boston/London,
Kluwer 1994 (Husserliana,
Dokumente), pp. 270 (“Il mio eccellente Fink mi aiuta con la sua acutezza.
Legga, La prego, il suo lavoro, davvero esemplare e premiato dalla Facoltà
nel vol. XI dello Jahrbuch”)
e 474 (“Il mio intelligentissimo assistente, il dott. Fink, rappresenta
per me una compensazione alla mancata attività di insegnamento
e alla scemata risonanza scientifica. Legga, La prego, il suo lavoro premiato
dalla Facoltà e pubblicato nell’ultimo numero dello Jahrbuch.
Potrà rendersi conto che posso davvero essere orgoglioso di questo
mio discepolo. Lavoro già quasi da due anni quotidianamente con
lui, lo ho educato alla più profonda ed ampia comprensione della
mia filosofia e perciò sono più tranquillo rispetto al futuro,
di nuovo pieno di vigore e di entusiasmo per il lavoro, come non mi capitava
da anni”).
4 Cfr.
L. B. Alberti, La pittura,
tradotta per L. Domenichi, Venezia, Gabriel Giolito de Ferrari 1547 (ristampa
anastatica: Sala Bolognese, A. Forni 1988), p. 15: “In prima nel dipingere
la superficie faccio un quadrato grande, quanto mi piace d’anguli dritti:
il quale mi serve per una finestra aperta, onde si possa vedere l’historia”.
5 J.-P.
Sartre, Qu’est-ce que la littérature,
Paris, Gallimard 1986 (folio essais, 19; I ed. 1948), p. 72; tr. it. a
cura di F. Brioschi, Che cos’è la letteratura?,
Milano, Mondadori 1990, p. 92.
6 “E
come per magia si udì il ruscellare di una tastiera in lontananza,
le luci si abbassarono, e nel fondale cominciò a calare una scenografia
diversa dalla sudicia finestrella appannata da cui si scorgeva la Casta
Diva. Era una tela di colore azzurrino, ma con una cornice, una specie
di enorme finestra a tutto teatro, grazie alla quale, come in certi quadri
di Magritte, il fuori sembrava entrare nel dentro e annullarlo. E infatti
il dentro si dissolse in un attimo, la materia svanì in quell’azzurro
come il fumo di una sigaretta e restò nell’aria, un grande spazio
di orizzonte circolare, il vuoto che può ospitare qualsiasi corpo,
qualsiasi situazione, qualsiasi azione e movimento eseguito da ammassi
di atomi e di cellule. Con la punta della bacchetta l’uomo infilzò
un lembo di luna e la tirò giù, fino al centro di quell’azzurro,
finestra immensa che ormai aveva risucchiato dentro di sé tutti
gli altri corpi materici che ingombravano lo spazio”. “Il blu marino di
quel fondale che fungeva da finestra sul nulla, fosse esso illusione o
realtà, o coniugazione di orizzonti, quel blu marino si trasformò
in un azzurrino lattescente …”. A. Tabucchi, “Casta Diva”, in Si
sta facendo sempre più tardi. Romanzo in forma di lettere,
Milano, Feltrinelli 2001, pp. 65-66, 68, sulla genesi del testo cfr. 225-226.
7 Così
scrive Diego De Matteis, scolaro di prima elementare presso la Scuola
“Beata Angelina” di Anzio (Roma) in un compito del 6 giugno 2001: “La
casa dei miei sogni si trova in via del Bosco. I muri sono di cioccolato
magro. Il tetto è di colori. Le finestre sono di cornici di quadri”.
Si riporta grazie al gentile consenso dei genitori.
8 E.
Husserl, Phantasie, Bildbewusstsein, Erinnerung.
Zur Phänomenologie der anschaulichen Vergegenwärtigung. Texte
aus dem Nachlass (1898-1925), a cura di E. Marbach,
Den Haag/Boston/London, Nijhoff 1980, Husserliana,
vol. XXIII, p. 46: “Ecco la cornice.
Incornicia il paesaggio, la scena mitologica ecc. Guardiamo attraverso
la cornice, per così dire, come attraverso una finestra che ci
permette di entrare con lo sguardo nello spazio dell’immagine, nella realtà
dell’immagine” (“Phantasie und Bildbewusstsein. Drittes Hauptstück der
Vorlesungen aus dem Wintersemester 1904/05 über Hauptstücke aus der Phänomenologie
und Theorie der Erkenntnis”, § 22). Cfr. anche ivi, pp. 510-511:
“Il quadro appeso al muro dà un fictum
percepibile, come se io vedessi attraverso una finestra. Se dico che in
realtà il muro non è interrotto e che dietro al muro c’è
un’altra stanza e non lo spazio del fictum
con i suoi oggetti, allora intreccio tra di loro già gli orizzonti
intenzionali che appartengono al muro effettivamente visto ed alla cosa
quadro che è appeso al muro, come peraltro allo spazio dell’immagine,
che non è più dato intuitivamente, ma è saputo mediatamente
in intenzioni che riguardano il contesto” (“Zur Lehre von den Anschauungen
und ihren Modis. Texte wohl aus 1918”).
9 Ivi,
pp. 47 e 54 (“Phantasie und Bildbewusstsein”, §§ 22 e 26).
10 Ivi,
p. 48-49 (“Phantasie und Bildbewusstsein”, § 23).
11 Questo
è prefigurato da Husserl in un testo del 1912, cfr. E. Husserl,
“Reproduktion und Bildbewusstsein. Trennung von Bildobjektauffassung und
Bewusstsein eines perzeptiven Scheines. Verallgemeinerung des Begriffs
der Phantasie (Vergegenwärtigung): 1) reproduktive 2) perzeptive,
d.h. Vergegenwärtigung im Bild, in bildlicher Darstellung”, in Phantasie,
Bildbewusstsein, Erinnerung, cit., pp. 467-468.
Una tematizzazione della ‘presentificazione’ è in Husserl fin dalla
V ricerca logica, cfr. per esempio il § 44 dedicato alla rappresentazione,
in cui si fa l’esempio della fotografia di S. Pietro: Id., Logische
Untersuchungen, II/1: Untersuchungen
zur Phänomenologie und Teorie der Erkenntnis,
a cura di U. Panzer, Husserliana,
vol. XIX/1, Den Haag/Boston/Lancaster, Nijhoff/Kluwer 1984, pp. 520-527;
tr. it. a cura di G. Piana, Ricerche logiche,
vol. II, Milano, Il Saggiatore 1988 (La cultura, 24/2), pp. 286-292.
12 Numerosi
sono gli studi sul tema dell’immaginazione in Husserl. In italiano si
potrà vedere L. Di Pinto, Il problema dell’immaginazione
in Edmund Husserl. Tra analitica della temporalità e valutazione
empatica, Bari, Levante 1983.
13 E.
Fink, “Vergegenwärtigung und Bild. Beiträge zur Phänomenologie
der Unwirklichkeit”, in Studien zur Phänomenologie
1930-1939, cit., p. 18.
14 Il
motivo della finestra sembra essere cruciale anche nella riflessione contemporanea,
dove aiuta a pensare fenomeni che certo non rientravano ancora negli orizzonti
di Husserl o di Fink nei primi decenni del Novecento. Penso per esempio
alle riflessioni di Virilio sulla precedenza della finestra rispetto alla
porta nello spazio contemporaneo (con riferimento alla centralità
del fenomeno televisivo e telematico), ma anche alle più recenti
interrogazioni filosofiche sulla realtà virtuale e sui nuovi strumenti
informatici, che non a caso utilizzano sistemi operativi articolati appunto
in ‘finestre’. Cfr. P. Virilio, L’espace critique.
Essai, Paris, Bourgois 1984, in part. pp. 99-107
e 123-125; tr. it. di M. G. Porcelli, Lo spazio
critico, Bari, Dedalo 1988 (La scienza nuova,
81), pp. 79-86 e 99-101. L. Wiesing, Fenster,
Fernseher und Windows, “Journal Phänomenologie”,
15 (2001), pp. 15-19.
15 Cfr.
D. Cairns, Guide for Translating Husserl,
Den Haag, Nijhoff 1973 (Phaenomenologica, 55). E. Husserl, Idées
directrices pour une phénoménologie et une philosophie phénoménologique
pures, vol. I, a cura di P. Ricœur, Paris, Gallimard
1950.
16
È di Fink la redazione della celebre appendice III
sull’origine della geometria, la cui eco sarà rilevante in Francia,
anche perché pubblicata per la prima volta in una rivista francese,
e la cui incidenza arriverà fino alla decostruzione, cfr. E. Husserl,
Die Frage nach dem Ursprung der Geometrie als
intentionalhistorisches Problem, in “Revue internationale
de Philosophie”, I (1938-’39), pp. 203-225 (come è noto, con la
traduzione e il commento di questo testo Jacques Derrida inizierà
il suo percorso filosofico; cfr. E. Husserl, L’origine
de la géometrie, traduction et introduction
par J. Derrida, Paris, PUF 1962). Tale supplemento alla Crisi
è ora pubblicato in E. Husserl, Die Krisis
der europäischen Wissenschaften und die transzendentale Phänomenologie.
Eine Einleitung in die Phänomenologische Philosophie,
a cura di W. Biemel, Husserliana,
vol. VI, Den Haag, Nijhoff 1954, pp. 365-386; tr. it. di E. Filippini,
La crisi delle scienze europee e la fenomenologia
trascendentale. Introduzione alla filosofia fenomenologica,
Milano, Il Saggiatore 1983 (Catalogo, 23), pp. 380-405. Negli anni Trenta
Fink lavorò anche ad una Sesta meditazione cartesiana come fenomenologia
della fenomenologia e teoria del metodo trascendentale, quest’opera vedrà
peraltro la luce solo dopo la sua morte, cfr. E. Fink, VI.
Cartesianische Meditation. I: Die
Idee einer transzendentalen Methodenlehre, a
cura di H. Ebeling, J. Holl e G. van Kerckhoven; II: Ergänzungsband,
a cura di G. van Kerckhoven, Dordrecht, Kluwer 1988 (Husserliana,
Dokumente, II/1, II/2). Il manoscritto di questo testo finkiano/husserliano
circolò in Francia attraverso Gaston Berger e sarà assai
stimato negli ambienti dei fenomenologi francesi, per esempio da Maurice
Merleau-Ponty. Sul significato di questo lavoro cfr. G. van Kerckhoven,
Mondanizzazione e individuazione. La posta in
gioco nella Sesta Meditazione cartesiana di Husserl e
Fink. 1995, a cura di
M. Mezzanzanica, Genova,
il melangolo 1998.
17 Si
tratta del celebre studio E. Fink, Die phänomenologische
Philosophie Edmund Husserls in der gegenwärtigen Kritik,
in “Kant-Studien”, XXXVIII (1933), pp. 321-383, ristampato anche nella
raccolta Id., Studien zur Phänomenologie
1930-1939, cit., pp. 79-156; gli elogi di Husserl
compaiono in una premessa collocata all’inizio del saggio.
18 Molte
sono le pubblicazioni finkiane dedicate a temi pedagogici, in italiano
si potrà vedere il saggio di P. Schulz, La
filosofia e la domanda sul senso della vita. Modelli pedagogici antichi
e moderni nella visione di Eugen Fink, “Aquinas”,
XL (1997), n. 2, pp. 237-254.
19 La
sua carriera accademica si era da poco conclusa quando, con scelta assai
felice ed opportuna, gli fu conferito il 2 aprile 1971 un dottorato honoris
causa da parte dell’Università Cattolica
di Lovanio, dove si trova appunto la sede principale dell’Archivio-Husserl
e dove Fink aveva già lavorato pionieristicamente nel 1939-‘40.
20 Attualmente
ne è direttore Ferdinand Graf. Si veda anche il sito dell’archivio
all’indirizzo www.ph-freiburg.de/eufink
con una biografia ed una bibliografia degli scritti.
21 M.
Heidegger — E. Fink, Eraklit. Seminar Wintersemester
1966/1967, Frankfurt a.M., Klostermann 1970;
tr. it. di M. Nobile, Dialogo intorno a Eraclito,
a cura di M. Ruggenini, Milano, Coliseum 1992.
Heidegger dedicherà alla memoria di Fink il
volume delle sue opere complete che riproduce il ciclo di lezioni sul
problema del mondo, del semestre invernale 1929-’30 (la data riportata
sulla dedica è quella del giorno successivo alla morte di Fink);
in appendice si trova anche il discorso tenuto da Heidegger per i sessant’anni
di Eugen Fink, M. Heidegger, Die Grundbegriffe
der Metaphysik. Welt — Endlichkeit — Einsamkeit,
a cura di F.-W. von Herrmann, Gesamtausgabe,
II: Vorlesungen 1923-1944,
vol. 29/30, Frankfurt a.M., Klostermann 19922, pp. V e 533-536;
tr. it. di C. Angelino, Concetti fondamentali
della metafisica. Mondo — finitezza — solitudine,
Genova, il melangolo 1999 (Opera, 13), pp. 3 e 471-474.
22 Su
Nietzsche si veda il celebre Id., Nietzsches Philosophie,
Stuttgart, Kohlhammer 1960 (Urban-Bücher, 45); tr. it. di P. Rocco Traverso,
con un saggio di M. Cacciari, La filosofia di
Nietzsche, Padova, Marsilio 1973, successivamente
più volte riedito.
23 Su
questi temi si veda soprattutto E. Fink, Grundphänomene
des menschlichen Daseins, a cura di E. Schütz
e F.-A. Schwarz, München, Alber 1979.
24 Cfr.
E. Fink, Oase des Glücks. Gedanken zu einer Ontologie
des Spiels, Freiburg/München, Alber 1957; tr.
it. di E. Cutolo, Oasi della gioia. Idee per una
ontologia del gioco, introduzione di A. Masullo,
Salerno, Rumma 1969 (saggidue, 2); successivamente questo testo è
comparso a cura del medesimo traduttore e con lo stesso titolo a Salerno,
10/17 Cooperativa Ed. 1987.
25 Ibid.,
pp. 50-51; tr. it. cit. (1969), p. 83.
26 Ibid.,
pp. 38, 46-49; tr. it. cit. (1969), pp. 68, 77-81; cfr. anche Id., Spiel
als Weltsymbol, Stuttgart, Kohlhammer 1960; tr.
it. a cura di N. Antuono, Il gioco come simbolo
del mondo, Firenze, Hopefulmonster 1992.
27 Sul
tema del gioco in Fink cfr. T. Pedicini, Il labirinto
del mondo. La filosofia del gioco di Eugen Fink,
Milano, Guerini e Associati 1997.
28 Sull’intrinseco
legame tra il tema giovanile dell’immagine e quello maturo del gioco,
entrambi connessi ad una problematizzazione del mondo e al dinamismo dei
contrari e dei contraddittori della mondanizzazione cfr. R. Celis, La
mondanité du jeu et de l’image selon Eugen Fink,
“Revue philosophique de Louvain”, LXXVI (1978), pp. 54-66. Sulla metafora
della finestra in Fink cfr. anche L. Tengelyi, “Finks ‘Fenster ins Absolute’”,
in E. W. Orth (a cura di), Die Freiburger Phänomenologie,
Freiburg/München, Alber 1996 (“Phänomenologische Forschungen”, 30),
pp. 65-87. Negli ultimi decenni la posizione filosofica di Fink è
stata ripetutamente oggetto di simposi internazionali, che testimoniano
del grande interesse con cui si continua a leggere la sua opera, cfr.
F. Graf (a cura di), E. Fink Symposion. Freiburg
1985, Freiburg, Pädagogische Hochschule
1988; N. Depraz, M. Richir (a cura di), Eugen
Fink. Actes du Colloque de Cerisy-la-Salle 23-30 juillet 1994,
Amsterdam/Atlanta GA, Rodopi 1997.
29 AA.VV.,
Ferdinand Hodler, Zürich,
Kunsthaus Zürich 19832, p. 349.
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