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Le finestre di Eugen Fink

di Gabriella Baptist

Il testo 
 
Il testo di Fink che presentiamo è tratto dalla sua tesi di dottorato, discussa all’Università di Friburgo nel 1929 e guidata da Husserl. Il titolo originario del lavoro dichiara già con evidenza qual è l’ambito dell’indagine: “Contributi ad un’analisi fenomenologica dei fenomeni psichici che si considerano all’interno di caratterizzazioni dai molti significati quali ‘pensare come se’, ‘rappresentarsi semplicemente qualcosa’, ‘fantasticare’”.(1)  Husserl stimò a tal punto il lavoro, da pubblicarlo nel suo “Jahrbuch für Philosophie und phänomenologische Forschung” con il significativo titolo: Presentificazione ed immagine. Contributi per una fenomenologia dell’irrealtà, prima parte di un’opera che non fu successivamente completata, come era già avvenuto per il celebre Essere e tempo di Heidegger, pubblicato nella medesima rivista qualche anno prima.(2)  Husserl non mancava di raccomandare la lettura del lavoro finkiano e di elogiarne i contenuti, oltre che l’autore.(3)  
Negli ultimi tre paragrafi, che qui compaiono nella versione originale e in traduzione, Fink problematizza innanzitutto quel particolare mondo al tempo stesso realmente esistente (perché ancorato ad un supporto, per esempio ad una tela), ma anche assolutamente irreale che è il mondo evocato da un’immagine, con le sue peculiari dimensioni spaziali e temporali, del tutto altre rispetto alla realtà concreta, eppure non riducibili a pure fantasticherie o semplici abbagli. Nel medio dell’immagine l’irrealtà assume aporeticamente realtà concreta, ed è precisamente il supporto a permettere l’oscillazione paradossale, diventando esso stesso il ‘framezzo’ (Zwischen) in cui avviene il passaggio, per esempio, da una pennellata reale ad un cielo vespertino soltanto raffigurato. Quello stesso supporto che resta in genere nell’anonimità del sostrato, a prima vista necessariamente ricoperto e quindi occultato, è poi però anche un mezzo che traspare e riluce e che l’immagine stessa porta in primo piano e mostra. È assai significativo proprio l’esempio addotto del riflesso sull’acqua, dove al rimando reciproco tra il reale e l’irreale corrisponde l’intersecarsi di una percezione effettiva e di una ‘presentificazione’ immaginaria. Qui l’immagine si rivela essere una ‘finestra’ unica nel suo genere, che permette il passaggio nelle due direzioni e dove non è detto che il ‘fuori’ cui ci si apre sia solo il mondo dell’immagine come sconfinamento rispetto al mondo reale — mentre nella finestra effettiva c’è continuità spaziale e temporale tra il dentro e il fuori. Infatti è anche il mondo immaginario a debordare in quello reale, indirizzandosi all’osservatore e facendolo ‘entrare dentro’ e/o ‘restare fuori’, rendendolo quindi un io doppio che non solo vive in due mondi, ma che volta a volta ne è il centro e l’orizzonte, all’interno di una prospettiva che può essere ribaltata nel suo orientamento. Questa finestra che non media, ma mette in gioco il reale e l’irreale capovolgendoli l’uno nell’altro è l’‘immagine’ più significativa che il giovane Fink ci porge per poter pensare fenomenologicamente, per esempio, un quadro.  
 
Quale finestra? 
 
Il rinvio alla finestra per dire e pensare l’immagine sembra essere un’associazione di idee piuttosto comune, almeno a partire da Leon Battista Alberti.(4)  Ancora Sartre, per esempio, scrive: “Se il pittore ci presenta un campo o un vaso di fiori i suoi quadri sono finestre aperte sul mondo intero”.(5)  Nell’ultimo romanzo di Tabucchi — in un testo di cui il Postscriptum rivela gli antefatti e che risulta come un delirio dell’allora e dell’altrove, successivamente usato a commento dei quadri di un pittore — ancora finestre effettuano la dissolvenza del dentro e del fuori, aprendo sul tutto e sul nulla della realtà e dell’illusione e coniugandone gli orizzonti.(6)  Ma anche un bimbo di prima elementare può fantasiosamente descrivere la casa dei suoi sogni immaginando cornici di quadri al posto delle finestre!(7)  
Già Husserl, nelle sue riflessioni sul tema dell’immagine (che certamente Fink doveva conoscere in seguito alla sua frequentazione del maestro), aveva messo in risalto come la cornice rappresentasse una sorta di finestra che ci permette di entrare nella realtà dell’immagine e nel suo spazio.(8)  Nell’indagare il problema della differenza tra rappresentazione percettiva e rappresentazione di fantasia, Husserl aveva sottolineato il carattere insieme di irrealtà e di percezione reale dell’immagine, il suo collidere con il presente attuale e percepito, visto che nell’immagine abbiamo al tempo stesso un oggetto concreto ed un qualcosa di fittizio, oggi diremmo: virtuale.(9)  Anche Husserl aveva fatto poi proprio l’esempio dell’immagine riflessa sull’acqua (il bastone che sembra spezzato), insieme con il celebre esempio del manichino di cera che potrebbe però anche essere una persona in carne ed ossa, esempio che compare in vari suoi scritti, ma che illustra piuttosto il problema dell’illusione ottica e della sua particolare oscillazione.(10)  Il paradosso dell’immagine non è peraltro neanche per Husserl una semplice illusione e l’immagine della finestra illustra assai bene proprio il capovolgimento tra l’una e l’altra dimensione del dentro e del fuori, della presentazione intuitiva e della presentificazione fantasticante (altrettanto intuitiva, ma grazie ad un rappresentare immaginativo), dell’‘ora’ e del ‘non ora’ (la vecchia fotografia, per esempio, e il nonno da giovane), del ‘qui’ e del ‘non qui’ (la pennellata sulla tela e il bagliore di un tramonto, per dirla con Fink), dell’io reale che guarda l’immagine e dell’io che diventa parte dell’orizzonte aperto dall’immagine stessa(11) , si tratta insomma sempre delle andate e dei ritorni tra impressione ed immaginazione, sensazione percettiva e fantasma analogico della finzione.(12) 
Sulla scia di Husserl, ma anche approfondendone ed accentuandone ulteriormente i motivi, Fink propone una riflessione fenomenologica sul medium dell’immagine, la cui struttura trascendentale è rappresentata appunto dalla presentificazione approntata dall’immaginazione e dalla fantasia e il cui schema aporetico e problematico sembra essere precisamente la finestra, per così dire il ‘framezzo’ del medium che tiene insieme il reale e l’irreale. Nei preliminari del suo lavoro, allorché si trattava di presentare gli obiettivi e l’impianto della ricerca, Fink aveva aperto addirittura “una finestra sull’assoluto”, facendo esplicito riferimento a Hegel(13) ! Eppure le finestre di Fink non sembrano mediare, né sintetizzare, né mirare ad un tertium sistematico, anche se l’irrealtà che presentano concretamente apre su un’alterità ancora da pensare e che rimette in questione ogni concretezza.(14) 
 
Appunti di traduzione 
 
Il lettore potrà confrontare la traduzione che proponiamo con l’originale tedesco riprodotto. Si consideri che il termine tedesco ‘Bild’ — che significa immagine, ma anche quadro ed è connesso inoltre all’idea della forma (‘Bildung’, per esempio, è la cultura in quanto ‘formazione’) — è reso in genere con ‘immagine’, ma talvolta con ‘quadro’, soprattutto quando si fa riferimento esplicito alla materialità dell’oggetto appeso al muro, per esempio ad un quadro concreto come appunto “Il taglialegna” di Ferdinand Hodler, cui Fink si riferisce. ‘Bildwelt’ è reso in genere con ‘mondo dell’immagine’ (o ‘mondo di immagini’), ‘Bildbewußtsein’ con ‘coscienza dell’immagine’ (o con ‘coscienza d’immagine’). Nelle scelte terminologiche ci si è orientati in genere ai consigli proposti nel manuale di Cairns, spesso facendo proprie le scelte di traduzione di Paul Ricœur.(15)  
 
Nota bio-bigliografica 
 
Eugen Fink (1905-1975) fu assistente privato di Husserl dal 1928 — quando quest’ultimo era già professore emerito dell’Università di Friburgo — fino alla morte del maestro, avvenuta nel 1938. In quegli anni di stretta collaborazione intellettuale Fink lavorò soprattutto alla revisione dei manoscritti husserliani sulla Crisi ed alle Meditazioni cartesiane.(16)  Husserl stesso stimava a tal punto il suo giovane collaboratore, da presentarne un saggio non solo in maniera altamente elogiativa, ma dichiarando anche pubblicamente di condividerne pienamente la prospettiva e di poterne sottoscrivere ogni singola frase.(17)  La vicinanza intellettuale ad un autore mal visto dal regime, cui era stata per di più interdetta ogni attività pubblica, impedì che al giovane fenomenologo si aprissero le porte di un’eventuale carriera accademica, che non volle comunque intraprendere preferendo rimanere fedele al maestro. Dopo la sua morte, lavorerà per un anno insieme con Ludwig Landgrebe al lascito manoscritto presso l’Archivio-Husserl appena fondato a Lovanio dal padre van Breda, che rocambolescamente aveva salvato i tesori della biblioteca di Husserl e i suoi manoscritti, portandoli oltre confine. L’invasione delle truppe tedesche in Belgio aveva poi significato per Fink non solo la fine di quel lavoro editoriale, ma anche l’internamento e successivamente l’obbligo di servire come soldato semplice nell’esercito tedesco fino al termine della guerra. Nel 1946 Fink otterrà l’abilitazione all’insegnamento presso l’Università di Friburgo in considerazione dei suoi lavori degli anni Trenta, ma anche come una sorta di ‘riparazione’ per l’esclusione di cui era stato vittima. Nel 1948 sarà chiamato come professore straordinario e in seguito come ordinario per la cattedra di Filosofia e scienza dell’educazione a Friburgo. Per continuare il lavoro filosofico e pedagogico intrapreso a Friburgo rifiuterà prestigiose chiamate di altre Università (Colonia, 1948; Berlino, 1957; Vienna, 1965), così come la nomina sulla cattedra vacante di Heidegger nel 1957.(18)  Fin dal 1950 esisterà presso l’Università di Friburgo una sede dell’Archivio-Husserl (gemellata con quello di Lovanio), sede di cui Fink sarà il direttore fino al suo ritiro dall’insegnamento universitario, che avverrà nel 1971.(19)  Nell’Accademia pedagogica dell’Università di Friburgo, che Fink stesso contribuì a consolidare, si trova attualmente un “Eugen Fink Archiv” che cura il suo lascito e continua a pubblicare gli scritti rimasti inediti, in particolare i testi delle lezioni universitarie.(20)
Filosoficamente è indubitabile che Fink si sia formato alla scuola della fenomenologia, ma senza mai sottrarsi agli stimoli intellettuali che provenivano anche da altrove, per esempio da quello Heidegger, di cui seguì regolarmente i corsi dal semestre invernale 1928/’29 fino all’estate del 1931 e con cui terrà a Friburgo anche un celebre seminario su Eraclito negli anni Sessanta.(21)  La sua proposta teorica si mosse fin dal principio tra Husserl e Heidegger, ma anche tra Kant, Hegel, Nietzsche e la tradizione del pensiero greco, nel senso di una ridefinizione della soggettività e dell’esistenza e all’interno delle grandi questioni metafisiche a proposito dell’essere, della verità, del mondo.(22) 
In particolare il tema fenomenologico del mondo, vera croce di ogni teoria, si trova al centro della sua riflessione, un mondo fenomenologicamente tematizzato come orizzonte trascendentale del problema dell’essere, orizzonte aperto che ha nel corpo proprio (‘Leib’) il suo ancoraggio e il centro, ovvero il punto zero di ogni orientamento e la cui essenza si esprime nel dare spazio e nel lasciare tempo agli enti e all’essere stesso: per Fink è il problema del mondo, più che non il problema dell’essere, a necessitare di esser sottratto all’oblio della metafisica, è la differenza cosmologica tra mondo e cosa a dover essere ripensata, più che non la differenza ontologica tra essere ed essente, solo così si potrà porre finalmente il problema dell’apertura al mondo da parte dell’uomo.  
Anche l’antropologia che Fink delinea si caratterizza come un’antropologia espressamente mondana, che indaga sui fenomeni fondamentali del Dasein quali la morte, il lavoro, il conflitto, l’amore e il gioco, indici formali e segnavia della finitezza. Costantemente confrontato con la propria fine, rimesso alla miseria della sopravvivenza, ma anche orgogliosamente consapevole della sua produttività, l’uomo si sa nel lavoro fattore della realtà che lo circonda e parte di una società con cui si confronta e si scontra; nel rapporto amoroso egli è solo un frammento bisognoso di completamento; nel gioco infine, e qui traspaiono più vivacemente le suggestioni nietzscheane, può abitare gli spazi intermedi del ‘come-se’ e i passaggi tra il reale e l’immaginario, ovvero quell’irrealtà in cui si annuncia il senso e il significato.(23)
Soprattutto il gioco è stato affrontato da Fink come autentico problema filosofico(24) . Nella prosecuzione ideale di Eraclito (secondo cui il corso del mondo è come un fanciullo che gioca a dadi) e di Nietzsche (secondo cui il mondo è il gioco di un dio)(25)  Fink si propone di mettere in luce in particolare il rapporto che si instaura nel gioco tra la realtà e quell’irrealtà realmente esistente che è per esempio la storia messa in scena in un teatro. Precisamente nella modalità visionaria si mostra per Fink nella maniera più evidente il misurarsi del gioco con l’immaginario, il suo essere recupero e godimento di possibilità perdute(26) , variazione piena di fantasia che porge non il reale, ma il suo fondo essenziale ed autentico, come dimostra per esempio l’esperienza della festa, del culto, della pratica magica, della maschera, della sacra rappresentazione. Ma più che rapporto all’essere, il gioco è innanzitutto rapporto al mondo, apertura al mondo, che è, come un tutto, senza alcun fondamento, senza scopo e senza senso, e deve pertanto poter essere pensato esso stesso come un gioco senza giocatori(27) . Nella riflessione matura sul gioco riaffioreranno molti temi già affrontati nella dissertazione a proposito dell’immagine. Anche del gioco si dirà, per esempio, che è un’oscillazione tra la realtà effettiva e l’irrealtà del ‘come se’, che il giocatore, come chi contempla un quadro, si trova in due sfere diverse, confrontato, com’è, con un mondo evocato, affacciato ad una ‘finestra’ che apre una dimensione, sì, irreale, ma anche senz’altro concreta.(28)  
 
Ringraziamenti 
 
L’immagine del quadro di Holdler che accompagna il testo e la riflessione finkiana — “Der Holzfäller” (Il taglialegna), 1910, la cui versione monumentale si trova presso il ‘Kunstmuseum’ di Berna (olio su tela, 260  211 cm) — è stata tratta dal catalogo di una mostra itinerante tenutasi presso la ‘Nationalgalerie Berlin — Staatliche Museen Preußischer Kulturbesitz’ (Berlino, 2 marzo-24 aprile 1983), presso il ‘Musée du Petit Palais’ (Parigi, 11 maggio-24 luglio 1983) e presso la ‘Kunsthaus Zürich’ (Zurigo, 19 agosto-23 ottobre 1983) e riproduce in realtà una delle numerose copie che Hodler stesso approntò per la vendita.(29) Per il permesso accordato alla riproduzione digitale si ringrazia vivamente l’‘Ufficio rapporti con il pubblico’ della ‘Biblioteca di Archeologia e Storia dell’arte’ di Roma, dove è stato consultato il volume in questione. 
 

 Note

1 Cfr. E. Fink, Beiträge zu einer phänomenologischen Analyse der psychischen Phänomene, die unter den vieldeutigen Titeln „Sich denken, als ob“, „Sich etwas bloß vorstellen“, „Phantasieren“ befaßt werden, Inaugural-Dissertation zur Erlangung der Doktorwürde einer Hohen Philosophischen Fakultät der Albert-Ludwigs-Universität Freiburg i.Br., Halle (Saale), Karras, Kröber und Nietschmann 1930. 
2  Cfr. E. Fink, Vergegenwärtigung und Bild. Beiträge zur Phänomenologie der Unwirklichkeit, “Jahrbuch für Philosophie und phänomenologische Forschung”, XI (1930), pp. 239-309; questo saggio di Fink sarà ristampato anche all’interno della raccolta di saggi curata da H. L. van Breda, J. Taminiaux e R. Boehm in occasione del sessantesimo compleanno di Fink, cfr. Id., Studien zur Phänomenologie 1930-1939, Den Haag, Nijhoff 1966 (Phaenomenologica, 21), pp. 1-78. 
3  Cfr. per esempio le lettere a Roman Ingarden del 21/XII/1930 e a Dietrich Mahnke dell’8/I/1931, E. Husserl, Briefwechsel, vol. III, a cura di E. Schuhmann e K. Schuhmann, Dordrecht/Boston/London, Kluwer 1994 (Husserliana, Dokumente), pp. 270 (“Il mio eccellente Fink mi aiuta con la sua acutezza. Legga, La prego, il suo lavoro, davvero esemplare e premiato dalla Facoltà nel vol. XI dello Jahrbuch”) e 474 (“Il mio intelligentissimo assistente, il dott. Fink, rappresenta per me una compensazione alla mancata attività di insegnamento e alla scemata risonanza scientifica. Legga, La prego, il suo lavoro premiato dalla Facoltà e pubblicato nell’ultimo numero dello Jahrbuch. Potrà rendersi conto che posso davvero essere orgoglioso di questo mio discepolo. Lavoro già quasi da due anni quotidianamente con lui, lo ho educato alla più profonda ed ampia comprensione della mia filosofia e perciò sono più tranquillo rispetto al futuro, di nuovo pieno di vigore e di entusiasmo per il lavoro, come non mi capitava da anni”). 
4 Cfr. L. B. Alberti, La pittura, tradotta per L. Domenichi, Venezia, Gabriel Giolito de Ferrari 1547 (ristampa anastatica: Sala Bolognese, A. Forni 1988), p. 15: “In prima nel dipingere la superficie faccio un quadrato grande, quanto mi piace d’anguli dritti: il quale mi serve per una finestra aperta, onde si possa vedere l’historia”.  
5  J.-P. Sartre, Qu’est-ce que la littérature, Paris, Gallimard 1986 (folio essais, 19; I ed. 1948), p. 72; tr. it. a cura di F. Brioschi, Che cos’è la letteratura?, Milano, Mondadori 1990, p. 92. 
6  “E come per magia si udì il ruscellare di una tastiera in lontananza, le luci si abbassarono, e nel fondale cominciò a calare una scenografia diversa dalla sudicia finestrella appannata da cui si scorgeva la Casta Diva. Era una tela di colore azzurrino, ma con una cornice, una specie di enorme finestra a tutto teatro, grazie alla quale, come in certi quadri di Magritte, il fuori sembrava entrare nel dentro e annullarlo. E infatti il dentro si dissolse in un attimo, la materia svanì in quell’azzurro come il fumo di una sigaretta e restò nell’aria, un grande spazio di orizzonte circolare, il vuoto che può ospitare qualsiasi corpo, qualsiasi situazione, qualsiasi azione e movimento eseguito da ammassi di atomi e di cellule. Con la punta della bacchetta l’uomo infilzò un lembo di luna e la tirò giù, fino al centro di quell’azzurro, finestra immensa che ormai aveva risucchiato dentro di sé tutti gli altri corpi materici che ingombravano lo spazio”. “Il blu marino di quel fondale che fungeva da finestra sul nulla, fosse esso illusione o realtà, o coniugazione di orizzonti, quel blu marino si trasformò in un azzurrino lattescente …”. A. Tabucchi, “Casta Diva”, in Si sta facendo sempre più tardi. Romanzo in forma di lettere, Milano, Feltrinelli 2001, pp. 65-66, 68, sulla genesi del testo cfr. 225-226. 
7  Così scrive Diego De Matteis, scolaro di prima elementare presso la Scuola “Beata Angelina” di Anzio (Roma) in un compito del 6 giugno 2001: “La casa dei miei sogni si trova in via del Bosco. I muri sono di cioccolato magro. Il tetto è di colori. Le finestre sono di cornici di quadri”. Si riporta grazie al gentile consenso dei genitori. 
8  E. Husserl, Phantasie, Bildbewusstsein, Erinnerung. Zur Phänomenologie der anschaulichen Vergegenwärtigung. Texte aus dem Nachlass (1898-1925), a cura di E. Marbach, Den Haag/Boston/London, Nijhoff 1980, Husserliana, vol. XXIII, p. 46: “Ecco la cornice. Incornicia il paesaggio, la scena mitologica ecc. Guardiamo attraverso la cornice, per così dire, come attraverso una finestra che ci permette di entrare con lo sguardo nello spazio dell’immagine, nella realtà dell’immagine” (“Phantasie und Bildbewusstsein. Drittes Hauptstück der Vorlesungen aus dem Wintersemester 1904/05 über Hauptstücke aus der Phänomenologie und Theorie der Erkenntnis”, § 22). Cfr. anche ivi, pp. 510-511: “Il quadro appeso al muro dà un fictum percepibile, come se io vedessi attraverso una finestra. Se dico che in realtà il muro non è interrotto e che dietro al muro c’è un’altra stanza e non lo spazio del fictum con i suoi oggetti, allora intreccio tra di loro già gli orizzonti intenzionali che appartengono al muro effettivamente visto ed alla cosa quadro che è appeso al muro, come peraltro allo spazio dell’immagine, che non è più dato intuitivamente, ma è saputo mediatamente in intenzioni che riguardano il contesto” (“Zur Lehre von den Anschauungen und ihren Modis. Texte wohl aus 1918”).  
9  Ivi, pp. 47 e 54 (“Phantasie und Bildbewusstsein”, §§ 22 e 26). 
10  Ivi, p. 48-49 (“Phantasie und Bildbewusstsein”, § 23). 
11 Questo è prefigurato da Husserl in un testo del 1912, cfr. E. Husserl, “Reproduktion und Bildbewusstsein. Trennung von Bildobjektauffassung und Bewusstsein eines perzeptiven Scheines. Verallgemeinerung des Begriffs der Phantasie (Vergegenwärtigung): 1) reproduktive 2) perzeptive, d.h. Vergegenwärtigung im Bild, in bildlicher Darstellung”, in Phantasie, Bildbewusstsein, Erinnerung, cit., pp. 467-468. Una tematizzazione della ‘presentificazione’ è in Husserl fin dalla V ricerca logica, cfr. per esempio il § 44 dedicato alla rappresentazione, in cui si fa l’esempio della fotografia di S. Pietro: Id., Logische Untersuchungen, II/1: Untersuchungen zur Phänomenologie und Teorie der Erkenntnis, a cura di U. Panzer, Husserliana, vol. XIX/1, Den Haag/Boston/Lancaster, Nijhoff/Kluwer 1984, pp. 520-527; tr. it. a cura di G. Piana, Ricerche logiche, vol. II, Milano, Il Saggiatore 1988 (La cultura, 24/2), pp. 286-292.  
12  Numerosi sono gli studi sul tema dell’immaginazione in Husserl. In italiano si potrà vedere L. Di Pinto, Il problema dell’immaginazione in Edmund Husserl. Tra analitica della temporalità e valutazione empatica, Bari, Levante 1983. 
13  E. Fink, “Vergegenwärtigung und Bild. Beiträge zur Phänomenologie der Unwirklichkeit”, in Studien zur Phänomenologie 1930-1939, cit., p. 18. 
14  Il motivo della finestra sembra essere cruciale anche nella riflessione contemporanea, dove aiuta a pensare fenomeni che certo non rientravano ancora negli orizzonti di Husserl o di Fink nei primi decenni del Novecento. Penso per esempio alle riflessioni di Virilio sulla precedenza della finestra rispetto alla porta nello spazio contemporaneo (con riferimento alla centralità del fenomeno televisivo e telematico), ma anche alle più recenti interrogazioni filosofiche sulla realtà virtuale e sui nuovi strumenti informatici, che non a caso utilizzano sistemi operativi articolati appunto in ‘finestre’. Cfr. P. Virilio, L’espace critique. Essai, Paris, Bourgois 1984, in part. pp. 99-107 e 123-125; tr. it. di M. G. Porcelli, Lo spazio critico, Bari, Dedalo 1988 (La scienza nuova, 81), pp. 79-86 e 99-101. L. Wiesing, Fenster, Fernseher und Windows, “Journal Phänomenologie”, 15 (2001), pp. 15-19. 
15  Cfr. D. Cairns, Guide for Translating Husserl, Den Haag, Nijhoff 1973 (Phaenomenologica, 55). E. Husserl, Idées directrices pour une phénoménologie et une philosophie phénoménologique pures, vol. I, a cura di P. Ricœur, Paris, Gallimard 1950. 
16  È di Fink la redazione della celebre appendice III sull’origine della geometria, la cui eco sarà rilevante in Francia, anche perché pubblicata per la prima volta in una rivista francese, e la cui incidenza arriverà fino alla decostruzione, cfr. E. Husserl, Die Frage nach dem Ursprung der Geometrie als intentionalhistorisches Problem, in “Revue internationale de Philosophie”, I (1938-’39), pp. 203-225 (come è noto, con la traduzione e il commento di questo testo Jacques Derrida inizierà il suo percorso filosofico; cfr. E. Husserl, L’origine de la géometrie, traduction et introduction par J. Derrida, Paris, PUF 1962). Tale supplemento alla Crisi è ora pubblicato in E. Husserl, Die Krisis der europäischen Wissenschaften und die transzendentale Phänomenologie. Eine Einleitung in die Phänomenologische Philosophie, a cura di W. Biemel, Husserliana, vol. VI, Den Haag, Nijhoff 1954, pp. 365-386; tr. it. di E. Filippini, La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale. Introduzione alla filosofia fenomenologica, Milano, Il Saggiatore 1983 (Catalogo, 23), pp. 380-405. Negli anni Trenta Fink lavorò anche ad una Sesta meditazione cartesiana come fenomenologia della fenomenologia e teoria del metodo trascendentale, quest’opera vedrà peraltro la luce solo dopo la sua morte, cfr. E. Fink, VI. Cartesianische Meditation. I: Die Idee einer transzendentalen Methodenlehre, a cura di H. Ebeling, J. Holl e G. van Kerckhoven; II: Ergänzungsband, a cura di G. van Kerckhoven, Dordrecht, Kluwer 1988 (Husserliana, Dokumente, II/1, II/2). Il manoscritto di questo testo finkiano/husserliano circolò in Francia attraverso Gaston Berger e sarà assai stimato negli ambienti dei fenomenologi francesi, per esempio da Maurice Merleau-Ponty. Sul significato di questo lavoro cfr. G. van Kerckhoven, Mondanizzazione e individuazione. La posta in gioco nella Sesta Meditazione cartesiana di Husserl e Fink. 1995, a cura di M. Mezzanzanica, Genova, il melangolo 1998.  
17 Si tratta del celebre studio E. Fink, Die phänomenologische Philosophie Edmund Husserls in der gegenwärtigen Kritik, in “Kant-Studien”, XXXVIII (1933), pp. 321-383, ristampato anche nella raccolta Id., Studien zur Phänomenologie 1930-1939, cit., pp. 79-156; gli elogi di Husserl compaiono in una premessa collocata all’inizio del saggio. 
18  Molte sono le pubblicazioni finkiane dedicate a temi pedagogici, in italiano si potrà vedere il saggio di P. Schulz, La filosofia e la domanda sul senso della vita. Modelli pedagogici antichi e moderni nella visione di Eugen Fink, “Aquinas”, XL (1997), n. 2, pp. 237-254. 
19  La sua carriera accademica si era da poco conclusa quando, con scelta assai felice ed opportuna, gli fu conferito il 2 aprile 1971 un dottorato honoris causa da parte dell’Università Cattolica di Lovanio, dove si trova appunto la sede principale dell’Archivio-Husserl e dove Fink aveva già lavorato pionieristicamente nel 1939-‘40. 
20  Attualmente ne è direttore Ferdinand Graf. Si veda anche il sito dell’archivio all’indirizzo www.ph-freiburg.de/eufink con una biografia ed una bibliografia degli scritti. 
21  M. Heidegger — E. Fink, Eraklit. Seminar Wintersemester 1966/1967, Frankfurt a.M., Klostermann 1970; tr. it. di M. Nobile, Dialogo intorno a Eraclito, a cura di M. Ruggenini, Milano, Coliseum 1992. Heidegger dedicherà alla memoria di Fink il volume delle sue opere complete che riproduce il ciclo di lezioni sul problema del mondo, del semestre invernale 1929-’30 (la data riportata sulla dedica è quella del giorno successivo alla morte di Fink); in appendice si trova anche il discorso tenuto da Heidegger per i sessant’anni di Eugen Fink, M. Heidegger, Die Grundbegriffe der Metaphysik. Welt — Endlichkeit — Einsamkeit, a cura di F.-W. von Herrmann, Gesamtausgabe, II: Vorlesungen 1923-1944, vol. 29/30, Frankfurt a.M., Klostermann 19922, pp. V e 533-536; tr. it. di C. Angelino, Concetti fondamentali della metafisica. Mondo — finitezza — solitudine, Genova, il melangolo 1999 (Opera, 13), pp. 3 e 471-474. 
22  Su Nietzsche si veda il celebre Id., Nietzsches Philosophie, Stuttgart, Kohlhammer 1960 (Urban-Bücher, 45); tr. it. di P. Rocco Traverso, con un saggio di M. Cacciari, La filosofia di Nietzsche, Padova, Marsilio 1973, successivamente più volte riedito.  
23  Su questi temi si veda soprattutto E. Fink, Grundphänomene des menschlichen Daseins, a cura di E. Schütz e F.-A. Schwarz, München, Alber 1979. 
24  Cfr. E. Fink, Oase des Glücks. Gedanken zu einer Ontologie des Spiels, Freiburg/München, Alber 1957; tr. it. di E. Cutolo, Oasi della gioia. Idee per una ontologia del gioco, introduzione di A. Masullo, Salerno, Rumma 1969 (saggidue, 2); successivamente questo testo è comparso a cura del medesimo traduttore e con lo stesso titolo a Salerno, 10/17 Cooperativa Ed. 1987. 
25  Ibid., pp. 50-51; tr. it. cit. (1969), p. 83. 
26  Ibid., pp. 38, 46-49; tr. it. cit. (1969), pp. 68, 77-81; cfr. anche Id., Spiel als Weltsymbol, Stuttgart, Kohlhammer 1960; tr. it. a cura di N. Antuono, Il gioco come simbolo del mondo, Firenze, Hopefulmonster 1992. 
27  Sul tema del gioco in Fink cfr. T. Pedicini, Il labirinto del mondo. La filosofia del gioco di Eugen Fink, Milano, Guerini e Associati 1997. 
28  Sull’intrinseco legame tra il tema giovanile dell’immagine e quello maturo del gioco, entrambi connessi ad una problematizzazione del mondo e al dinamismo dei contrari e dei contraddittori della mondanizzazione cfr. R. Celis, La mondanité du jeu et de l’image selon Eugen Fink, “Revue philosophique de Louvain”, LXXVI (1978), pp. 54-66. Sulla metafora della finestra in Fink cfr. anche L. Tengelyi, “Finks ‘Fenster ins Absolute’”, in E. W. Orth (a cura di), Die Freiburger Phänomenologie, Freiburg/München, Alber 1996 (“Phänomenologische Forschungen”, 30), pp. 65-87. Negli ultimi decenni la posizione filosofica di Fink è stata ripetutamente oggetto di simposi internazionali, che testimoniano del grande interesse con cui si continua a leggere la sua opera, cfr. F. Graf (a cura di), E. Fink Symposion. Freiburg 1985, Freiburg, Pädagogische Hochschule 1988; N. Depraz, M. Richir (a cura di), Eugen Fink. Actes du Colloque de Cerisy-la-Salle 23-30 juillet 1994, Amsterdam/Atlanta GA, Rodopi 1997.  
29  AA.VV., Ferdinand Hodler, Zürich, Kunsthaus Zürich 19832, p. 349. 
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